Una mano sul seno e l'altra sul pube: si atteggia a Venere pudica la matrona raffigurata in questo bronzetto raro e affascinante.
L'iconografia classica della Venus pudica ci è stata tramandata da diversi modelli archeologici. Tra questi, uno fra i più noti - e dall'epoca del suo ritrovamento assai replicato - è la cosiddetta Venere dei Medici, marmo ellenistico conservato nella tribuna degli Uffizi a Firenze.
La particolarità che rende il nostro bronzetto una creazione del tutto singolare è che su un corpo perfettamente allineato ai canoni classici della Venus pudica, compare un volto incorniciato dall'inconfondibile acconciatura a fitti riccioli con diadema delle donne di epoca adrianea. Un'invenzione che cala il soggetto dalla atemporale dimensione del mito alla realtà della storia e che giustifica il titolo assegnato in catalogo alla scultura.
L'anonimo autore ha cercato di conferire all'opera caratteristiche che gli conferiscano il sapore del reperto archeologico, a partire dalla forte matericità della patina superficiale.
Anche la fisicità dai fianchi larghi e piccoli seni riconduce a prototipi vagamente arcaici.
I confronti più pertinenti appaiono quelli con altre opere dall'apparenza archeologica ma in realtà realizzate in ambito veneto rinascimentale. Si pensi alla Venere conservata alla Galleria Giorgio Franchetti alla Ca' d'Oro di Venezia oppure a quella del Museo Correr, attribuita a Tullio Lombardo.
Altri esempi simili presenti al Museo Nazionale di Firenze e alla Walters Art Gallery, Baltimora.
In tutti i casi citati casi il modello scultoreo non è però quello della Venus pudica ma quello, ancor più noto, della Venere Anadiomene (ovvero della Venere appena nata dalle acque che si strizza i capelli). Rimane però stretta la contiguità con il nostro bronzo nelle caratteristiche fisiche e nella pettinatura.