Provenienza: Collezione privata lombarda.Bibliografia di riferimento: C. Furlan, Antonio Carneo nella pittura veneziana del Seicento, Milano 1995.Il monumentale corpo esanime di Adone domina la scena in primo piano. Accanto a lui, il cane fedele osserva il padrone con sguardo devoto, mentre sullo sfondo, a sinistra, si intravede il cinghiale responsabile della tragica morte. Venere è raffigurata in alto sul suo carro trainato da colombe, emergendo dalle nuvole. La sua figura è illuminata da una luce che contrasta con le ombre cupe del paesaggio, amplificando il senso di disperazione mentre si appresta a soccorrere l’amato. Il ritmo e la complessa regia scenica impostata in diagonale, enfatizzati dalla pennellata morbida e grassa e dalla raffinata modulazione cromatica di bianchi e di grigi, delle accensioni e dei riverberi dell’episodio sul cielo, suggeriscono l'attribuzione dell’opera ad Antonio Carneo, una delle personalità artistiche più originali del suo tempo, noto per il suo eclettismo creativo. La produzione pittorica di Carneo, infatti, è segnata da molteplici influenze artistiche, ma subisce in modo particolare l’impronta della poetica dei pittori tenebrosi, attivi a Venezia a partire dagli anni appena successivi alla devastante peste del 1629-30. Per artisti come Giovanni Battista Langetti, Pietro Negri, Carl Loth e Antonio Zanchi, l’uso di colori materici e della luce che emerge dalle ombre divengono un potente mezzo per esaltare la tensione emotiva e per accentuare il senso di spiritualità meditativa degli avvenimenti rappresentati, desunti dal Vangelo, dalla mitologia greca o dalla storia romana, concretizzandosi in una certa violenza chiaroscurale e in impostazioni compositive drammatiche. Questo dipinto ne offre un esempio significativo: i contrasti chiaroscurali e la luce plasmano con forza il corpo di Adone, colto di scorcio negli spasmi della morte violenta, una posizione ripetuta sia da Langetti sia da Loth che rivela una profonda riflessione sulle loro opere.