Pietro Annigoni
(Milano 1910 - Firenze 1988)
ESTASI DI SAN GIROLAMO
tempera grassa su tela, cm 110x110
siglato in basso a destra
retro: sul telaio firmato e siglato
ECSTASY OF ST. GEROME
tempera grassa on canvas, 110x110
initialled lower right
on the reverse: on the stretcher signed and initialled
L’opera, capolavoro giovanile apparso in pubblico per la prima volta nel 2018 dopo decenni, è pubblicata sulla monografia del Maestro edita da Gonnelli attorno al 1945 c. con il titolo di San Girolamo in Collezione Mondadori e l’anno 1936, anche se sul dipinto, una tempera grassa su tela, è indicata solo la sigla abituale di Annigoni “Cttt” in basso a destra. La data è confermata tuttavia da un bozzetto preparatorio a carboncino in collezione privata, con la figura del Santo, riportata basso al centro.
Annigoni avrebbe riproposto un analogo soggetto nel 1949 per la cappella della Villa di Lama di Margherita Venerosi Pesciolini oggi presso il Museo della Misericordia di Firenze.
Il dipinto raffigura appunto San Girolamo (talora scambiato con San Bruno) durante la sua fase eremitica nella regione della Calcide, nord-est della Grecia. È rappresentato in atto di preghiera estatica secondo una composizione che risponde in parte all’iconografia tradizionale.
Annigoni ne sviluppa il rapporto con la natura, un luogo impervio e selvaggio, segnato da presenze inquietanti come la figura demoniaca appena abbozzata alla base della collina dove il Santo è salito per rivolgersi al Signore e liberarsi dalle tentazioni mondane. Il pittore inquadra il tema del processo salvifico attraverso un periodo di purificazione individuale e solitaria. La mortificazione del corpo a contatto con un ambiente ostile fa da contrappunto al contrasto alle umane debolezze che sembrano sul punto di essere sopraffatte dinanzi all’incombere di elementi oscuri amplificati da una natura matrigna.
Ispirato ai luoghi attorno a Dervio sul Lago di Como che frequentava da ragazzo in vacanza con i suoi genitori, Il paesaggio luminoso sullo sfondo contrasta con l’atmosfera cupa del primo piano, in una sorta di via di fuga e di redenzione per l’uomo penitente che si affida all’Altissimo.
In questa composizione così calligrafica e puntuale ispirata alla sensibilità dei pittori fiamminghi a cui Annigoni guardava in quegli anni con estrema attenzione, si avverte quel senso di vertigine che rispecchia la fragilità dell’animo umano nella lotta tra il bene e il male, come nella Tempesta del 1939 che ripropone simili attitudini atmosferiche e psicologiche.
Emanuele Barletti