LUIGI ONTANI
(Grizzana Morandi 1943)
HarlemArlecchino
1998
ceramica policroma realizzata con Bottega Gatti, Faenza
cm 100x36x36 su base cm 100x40x40
sotto la base firmato, datato e marchio del ceramista
Provenienza
Allori Centro d'Arte, Figline Valdarno (FI) (ivi acquistato dall'attuale proprietà)
Collezione privata
Esposizioni
Allori Centro d'Arte, Luigi Ontani. Belli n/m Busti, Figline Valdarno (FI), 12 febbraio - 3 marzo 1998
Unica nel suo genere, la scultura in ceramica HarlemArlecchino è un esemplare sommario di tutta la poetica ontaniana, sia per soggetto, forma e stile. La scultura incarna allo stesso tempo due delle maschere più celebri a livello culturale e popolare in Occidente: Arlecchino e Pinocchio.
Il personaggio di Arlecchino, deriva il suo nome dal nordico Hölle König, poi divenuto Helleking, originariamente re, divenuto poi demone costretto a girovagare per il mondo vestito di pezze cucite assieme. Ontani lo riporta in vita, questa volta con una veste colorata, che grazie all’aiuto della ceramica, rende il busto luminoso e vivace proprio come nelle figure della Commedia dell’Arte di Francesco Antonio Bustelli. I colori adoperati sono i colori primari: rosso, blu, giallo, bianco e nero, quelli che vengono insegnati a scuola, la stessa scuola che ha frequentato Pinocchio. L’incursione del personaggio collodiano all’interno della scultura è manifesta nel naso lungo di bugie e dal copricapo a punta, la cui fantasia a tasselli colorati, è un omaggio al maestro del De Stijl, Piet Mondrian, e in particolare all’opera Boogie woogie. L’orecchino dorato al lobo sinistro sembrerebbe un antico talismano, ripreso dalla cultura ellenistica e romana. Il volto afro, che probabilmente ha ispirato il titolo dell’opera HarlemArlecchino — Harlem, noto quartiere newyorkese panorama della nascita del movimento culturale nero attorno al 1920 —è caratterizzato da labbra rossissime, risaltate dal contrasto sulla pelle nera. I rimandi culturali sono molteplici, in un continuo gioco sapiente tra ciò che è reale e ciò che è fantastico.
Luigi Ontani, senz’altro uno dei più grandi artisti che il nostro secolo ha visto, sperimenta, a partire dagli anni ’70, vari medium artistici, partendo dai visionari tableaux vivant, fino alla scultura degli anni a venire. Ma il fil rouge, di tutta la sua poetica, che magistralmente reinterpreta e reinventa, è il corpo. Corpo come incarnazione di emozioni, sensazioni, ma anche come oggetto condizionante e per questo non del tutto estensivo. Ontani concentra la sua indagine sul corpo e i suoi limiti e la sua relazione all’interno del cosmo, anticipando le indagini di molti altri artisti quali Vito Acconci, Gina Pane, Marina Abramovich e molti altri. Attraverso le sue molteplici maschere e simulacri, Ontani sperimenta tutte le declinazioni possibili della nostra pelle che altro non è che un primo involucro sottile capace di catturare ulteriori pelli artificiali da indossare.
Complice di questa sensibilità che caratterizza tutto il corpus dell’opera ontaniana, è la sua passione per l’Oriente e i molteplici grand tour nella penisola Indiana. È la cultura indiana a suggerire una rimessa in discussione del concetto di corpo che non è più soggetto ma oggetto, pronto ad accogliere le anime che ondeggiano libere nello spazio.
Il nostro corpo è un involucro che accoglie la vita, così come le ceramiche di Ontani, realizzate a regola d’arte assieme alla Bottega Gatti di Faenza negli anni 90, accolgono la reincarnazione di personaggi storicamente e culturalmente noti: SanSebastiano, Nerone, Dante, Giano, Arlecchino e Pinocchio. Tutti questi temi sono essenziali per comprendere il lavoro di Ontani, non solo quello degli esordi ma anche successivo e presente. Il soggetto, che sia Arlecchino o Pinocchio, è fluido per eccellenza. Esso non ha né corpo, né forma. Si diverte a girovagare nell’universo fino a divenire un giorno forma manifesta in una continua ciclicità cosmica.