Al retro riporta la dicitura: ''Gaetano Gandolfi fece 1790''. L'opera è accompagnata dalla schede a cura di Donatella Biagi Maino.Un dipinto dal soggetto eccentrico, nel quale due figure, l’una concentrata, l’altra in grave ambascia, sono affiancate senza apparente connessione. In realtà, in questa tela Gaetano Gandolfi, uno dei pittori più celebrati, giustamente, del secondo Settecento, prova due dei personaggi che appariranno in un’importante commessa che gli fu affidata nel 1789 dal vescovo di Foligno, Filippo Trenta, una grande e bella pala d’altare per la Cattedrale della città umbra (1).Potrà apparire singolare che i folignati si siano rivolti ad un artista bolognese anziché ad un pittore della scuola romana ma, al di là della fama che il Gandolfi aveva raggiunto da tempo e che faceva sì che ricevesse ordini da Europa tutta, si debbono all’avvenuta nomina, nel 1785, a vescovo di Foligno di Filippo Trenta (2) questa ed altre commesse all’artista per la città. Filippo Trenta, poeta e tragediografo di vaglia, giurista, podestà in più città delle Legazioni Pontificie, era stato un personaggio di spicco del milieu culturale e politico di Bologna, città presso la cui Università aveva studiato e aveva rivestito il ruolo di Uditore Generale della Legazione di Bologna tra il 1778 e il 1785, legandosi di profonda amicizia con il cardinale Ignazio Boncompagni Ludovisi, nipote di Clemente XIII, il cui piano di riforme economiche e sociali, “uno dei momenti più avanzati del riformismo italiano” come ha scritto il Giacomelli (3), fu ferocemente boicottato dall’establishment locale che trovò gioco facile all’opposizione nei comportamenti licenziosi del personaggio e del suo gruppo di consulenti e amici, tra i quali spiccava, per competenze giuridiche e stile di vita ispirato ad una visione filosofico-libertina, il Trenta. Durante questi anni fervidissimi per impegno politico costui si premurò di creare una collezione di dipinti che dagli elenchi stilati all’epoca del trasferimento a Foligno risulta essere stata, se pure sfrondando l’eccessiva fiducia nelle proprie capacità di conoscitori sue e dei suoi consulenti al momento degli acquisti (4), eccellente, e contava numerose le tele di Gaetano Gandolfi, l’artista da lui più apprezzato tra quanti erano Professori di Figura presso l’Accademia Clementina di Pittura, Scultura e Architettura dell’Istituto delle Scienze di Bologna, istituzione principe della cultura bolognese.Per lui dapprima il grande artista dipinse tre quadri assolutamente splendidi, la Morte di Socrate, nel 1782, oggi presso le Collezioni della Fondazione della Cassa di Risparmio di Bologna, e due quadroni, così sono definiti, Cristo e l’Adultera e San Paolo predica in Atene (5), opere tutte dal forte significato politico (6). per Foligno fu attivo per più pale d’altare, oltre al San Feliciano in questione una splendida Annunciazione e la Visione della beata Angela (7).Ma è la grande e bella tela per la Cattedrale che più impegna il pittore bolognese. Per pervenire alla definizione della complessa composizione, che recupera modelli austeri - il grande Poussin - e la feracità della pittura del magnifico Tiepolo (8) Gaetano prova in più bozzetti la sua idea, dopo essersi misurato con l’invenzione nella chiusa dimensione del foglio, lui disegnatore superbo. alle telette già note e divise tra collezioni pubbliche e private (9) viene ad aggiungersi questo freschissimo modello, nel quale sulla destra è effigiato il santo, splendida figura di vecchio la cui postura, leggermente china in avanti, è quella del finito, mentre la figura di dolente lui accanto, anziché coprirsi il volto con la mano nel pietoso gesto di salvare il bambino aggrappato al corpo della madre morta come nella pala, appoggia il capo sulla mano destra. Questo porta a sopporre che la tela preceda i bozzetti e sia stata concepita come privatissimo studio del pittore, che in essa profonde i caratteri della sua più scelta pittura, nei toni delle tinte che attraverso lo sporco accumulatosi nel tempo sono comunque ben chiari e di equilibrio perfetto, e la maestria del disegno, come sempre esemplare - si veda la descrizione nel movimento sforzato della spalla dell’uomo, la ricchezza del segno alla definizione della barba, eseguita con rapidi e sicuri tocchi del pennello intriso di colore, pienamente leggibili nonostante lo stato di conservazione. Al verso reca, sul telaio originale (10), una scritta sincera, , l’epoca di elaborazione dell’opera, collocata nel tempio folignate nel luglio del 1791.Dell’antica collezione in cui questa tela di sostenuta qualità è stata custodita nulla è dato sapere. nel Novecento era custodita unitamente ad una bella prova del figlio e allievo di Gaetano, Mauro Gandolfi (11), datata al 1791 e quasi dipinta a gara, secondo quanto si desume dalla presenza presso la fototeca del Warburg Institute di Londra delle fotografie dei dipinti collegate tra loro. (1) La pala misura 520 x 260 cm. è custodita nella Cattedrale di Foligno, dopo essere stata restaurata nei limiti del possibile dai danni provocati da un bombardamento nel 1944 che provocò un grande squarcio alla tela: D. Biagi Maino, Gaetano Gandolfi, Allemandi, Torino 1995, p. 396-397. (2) Vedi A. Bussotti, ad vocem, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 96, Roma 2019. Filippo Trenta nacque ad Ascoli nel 1731. si laureò a Bologna in giurisprudenza nel 1750. fu nominato cinque anni dopo podestà di Ascoli Piceno e fu ascritto all’ordine patrizio. Dopo altri incarichi nelle Marche divenne nel 1772-74 uditore e podestà a Bologna, città a lui congeniale per il clima colto e intellettuale, essendo il Trenta ottimo tragediografo. Tra il 1778 e il 1785 fu Uditore Generale della Legazione di Bologna, l’epoca in cui si legò di amicizia con il Gandolfi, che per lui dipinse alcune opere dal forte significato politico. fu nominato vescovo di Foligno nel 1785, città dove si spense dieci anni dopo, da Pio VI, per allontanarlo senza scandalo dalla città da lui molto amata e nella quale aveva creato un’importante collezione d’arte antica e moderna e una cospicua biblioteca: ma vedi D. Biagi Maino, Gaetano Gandolfi cit. 1995, pp. 96, 111 n.12, 126 e pp. 396-397 (per la pala di Foligno) e A. Giacomelli, L’età delle riforme, in Storia illustrata di Bologna, a cura di W. Tega, II, Milano 1989, pp. 292-299. (3) Ivi, p. 298. (4) Negli elenchi delle opere molti sono i Tiziano, Annibale e Ludovico Carracci, Poussin, Parmigianino. molte le opere di artisti di scuola bolognese quali Pasinelli, Dal Sole, Crespi sr., già più plausibilmente accettabili, ma la dispersione della collezione avvenuta assai presto non concede di comprendere la realtà delle attribuzioni. Certo è che dagli elenchi risultano opere di grande importanza, e spiace che dei vari Cagnacci Mastelletta , Guercino Massari Reni Albani restino solo le descrizioni in un inventario manoscritto custodito dagli ultimi eredi del Trenta. (5) Di questi dipinti, di dimensioni inusitate (177x235 cm. entrambi), già presso la collezione bolognese degli eredi Trenta poi presso altra a Roma quindi trascorsi sul mercato antiquario non si conosce la sorte. Entrambi furono commessi, come da contratto, nel 1784 e consegnati nel 1787: cfr. D. Biagi Maino, Gaetano Gandolfi cit., pp. 126-127, 390. Per questi come per il Socrate esistono i bozzetti.(6) Ivi. (7) L’Annunciazione, attualmente in restauro presso la Coo.Be.C di Spoleto, è stata dipinta per la chiesa di Sant’Apollinare. la Visione della beata Angela da Foligno è in San Francesco: cfr. D. Biagi Maino, Gaetano Gandolfi cit., pp. 399, 398.(8) D. Biagi Maino, Gaetano Gandolfi cit., p. 397.(9) Un bozzetto, già appartenuto al Trenta stesso che lo acquistò dal Gandolfi per 50 scudi è oggi presso la Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini di Roma (ibidem, p. 396, scheda 191). altri due, dipinti su un’unica tela, sono stati in una collezione privata bolognese sino a tempi recenti, poi di proprietà della Galleria Savelli Dipinti Antichi di Bologna e attualmente sono in collezione privata (cfr. D. Biagi Maino, scheda firmata in “Idea prima”. Disegni e modelli preparatori, pittura di tocco dal ‘500 al ‘700, catalogo della mostra a cura di D. Biagi Maino, A. M. Matteucci Armandi, A. Ottani Cavina, Bologna 1996, pp. 116-119 e Eadem, scheda firmata in Titian to Tiepolo. Three Centuries of italian Art, catalogo della mostra, National Gallery of Australia, Canberra 2002, pp. 220-221).(10) L’opera è in prima tela, in nulla diminuita negli impasti del colore di equilibrio perfetto, e anche il telaietto è quello su cui fu sicuramente montata dal Gandolfi medesimo. (11) Vedi scheda relativa in questa stessa sede.