cm 27x25,5, cornice cm 54x50
L’importante placca realizzata a cera persa ripropone il tema della classicità Greca, cara all’arte rinascimentale, di Venere e Amore, e raffigura la dea seduta su una roccia che sembra redarguire un vivace Heros.
L’opera è accompagnata da una articolata scheda critica dello studioso Francesco Rossi che la orienta alla Bottega Romana dello scultore fiammingo Wilhelm Van Tetroder così scrivendo:
.... E tuttavia il risalto secco dei contorni, la dinamicità bilanciata dei volumi, lo stesso modulo allungatissimo delle figure non si spiegano se non in ambiente fiorentino, ad esempio tra il Cellini e il suo fedele seguace Pierino da Vinci: ammettendo tuttavia che l’artefice dell’opera in esame sia anche radicato in ambiente nordico, tra tedesco e fiammingo, cui risalgono tra l’altro la puntuta struttura delle rocce e la goffa anatomia di Cupido, oltre che dettagli tecnici come la finitura a rilievo della data, del tutto ignota ai bronzisti.
In questo ordine di idee, acquista consistenza l’ipotesi che l’autore del piccolo rilievo vada ricercato all’interno di quel gruppo di artisti fiamminghi che, intorno alla metà del 500’, gravitavano su Firenze e Roma, a cominciare dal giovanissimo Jean de Boulogne, non ancora italianizzatosi in Giambologna: e tra questi, escluderei Jean de Witte e Adrien de Vries, la cui attività italiana è documentata solo dagli anni 60’, mentre si accredita assai meglio il nome di Wilhelm van Tetroder, che già nel 1549 era a Firenze nella bottega del Cellini e che subito dopo si trasferì a Roma con Guglielmo della Porta, prima di rientrare definitivamente in Fiandra negli anni ‘60