Fine del 1710, inizi del 1720Al verso: sigillo di ceralacca della collezione Thyssen-BornemiszaProvenienza: Collezione Thyssen-BornemiszaL’opera è corredata dall’expertise di Renaud Temperini del 22 giugno 2009.Figlio d’arte, la madre la miniaturista Marie Courtois, fratello del pittore Jean-Baptiste, il giovane Jean-Marc inizia la carriera artistica sotto la guida del padre, il ritrattista Marc Nattier, studiando le opere dei pittori francesi e fiamminghi esposte al Musée de Luxembourg a Parigi. Nel 1717 si trasferisce su richiesta dello Zar Pietro iI Grande ad Amsterdam, dove riceve numerose commissioni dalla corte imperiale, quindi all’Aja, realizzando il ritratto dell’imperatrice Caterina I di Russia ed altri dipinti di carattere encomiastico e celebrativo (tra cui la rappresentazione della battaglia di Poltava, La bataille de Pultawa en 1709, realizzata nel 1717, Pushkin Museum, Moscow, Russia).Dal 1718 frequenta l’Académie Royale di Parigi dove viene accolto come pittore di storia con la presentazione dell’opera Persée assisté par Minerve, pétrifie Phinée et ses compagnons en leur présentant la tete de Méduse (Tours, Musée des Beaux Arts). All’Accademia vince quello che successivamente verrà chiamato prix de Rome, grazie al quale avrebbe potuto viaggiare nei maggiori centri d’arte italiani e studiare presso l’Accademia di Francia a Roma, come avrebbe desiderato il suo maestro Jean Jouvenet. Nattier rimane però a Parigi dove lavorerà per la maggior parte della sua vita.Dagli inizi del secondo decennio del 1700 si rivolge principalmente al ritratto che eleva alla dignità della pittura di storia attraverso un frequente ricorso all’allegoria ed agli accenni mitologici.Nel 1729 ottiene un grande successo con il ritratto di “Mademoiselle de Clermont” (Chantilly, Musée Condé) che ricorda le composizioni di Jean Raoux ( 1677-1734).L’opera “Mademoiselle de Lambesc nelle vesti di Minerva” (1732, Parigi, Museo del Louvre) è uno dei primi esempi di ritratto mitologico o “ritratto di storia”, genere a cui Nattier si dedicherà nel corso di tutta la sua carriera. Definito da un critico in occasione del Salon del 1737 “l’allievo delle Grazie”, Nattier conferisce infatti a quasi tutti i suoi modelli un’espressione di dolcezza ed eleganza e viene esaltato come uno dei ritrattisti più brillanti del secolo XVIII.A partire dagli anni ’40 diventa il pittore ufficiale della famiglia reale. i dipinti a cui è rimasta legata maggiormente la sua notorietà sono difatti i ritratti realizzati nelle differenti età delle figlie di Luigi XV: “Madame Henriette nelle vesti di Flora” (1742), “Madame Adelaïde nelle vesti di Diana” (1745) entrambi conservati a Versailles (Musée National du Château et de Trianon), che ornavano gli appartamenti della madre, la regina di Francia Maria Leszczy?ska. Nattier rappresenta le principesse ritraendole dal vero quindi idealizzandole e trasfigurandole in moderne divinità o allegorie, su uno sfondo rappresentato da idilliaci paesaggi arcadici.Le figure sono rese elegantemente e con una grazia tutta particolare. la palette cromatica si caratterizza per l’utilizzo di tonalità chiare e brillanti, solitamente a base fredda. Nattier infatti ha il merito, come rileva lo storico dell’arte Jacques Thuillier, di avere sancito il trionfo ai più alti livelli aristocratici e di corte del ritratto “allegorico-mitologico”, scrivendo “ebbe l’audacia di offrire alle principesse quanto fino ad allora era riservato alle attrici”, poiché esaltava la loro femminilità e nel caso rendeva più avvenenti le loro fattezze.L’opera, e il suo pendant che rappresenta “Diana alla fonte”, provengono dalla prestigiosa collezione Thyssen-Bornemisza, come testimoniato dai sigilli di ceralacca al verso. Nattier ritrae probabilmente un personaggio dell’aristocrazia francese trasfigurandolo nella figura mitologica di Venere.La dea appare distesa su un manto blu, colore simbolo della regalità francese, mentre sorregge la freccia dell’amore con la mano sinistra. Cupido, alla sua destra, tenta di prendere la freccia mentre due colombe, simbolo di purezza, sono ritratte in primo piano. La figura femminile domina la scena grazie alla posizione centrale e diagonale attorno alla quale si organizza armoniosamente l’insieme della composizione. Il gioco di luce di eccellente qualità illumina l’incarnato madreperlaceo della figura, ponendola in evidente rilievo rispetto al paesaggio in ombra. il velo trasparente che le cinge il corpo, mettendolo sensualmente in evidenza, viene altresì reso con delicatezza ed estrema grazia.Come notato da Renaud Temperini, che ha avuto l’occasione di analizzare l’opera dal vivo e di autenticarla (2009), il volto della fanciulla è realizzato con grande abilità e finezza, che le conferiscono la grazia ed il fascino di una divinità. Come da prerogativa dei volti dipinti dal Nattier, trapela inoltre una leggera malinconia, emblema del dolce tormento amoroso.L’opera è un esempio emblematico della produzione giovanile dell’artista, realizzata tra la fine del 1710 e l’inizio del 1720, in cui si ritrovano l’armonia dei colori, la sensualità delicata, l’intimismo elegante e la grazia suadente che faranno il successo dei ritratti femminili del Maestro presso la corte di Luigi XV ed i collezionisti parigini.