Opera accompagnata dalla scheda di Arabella Cifani. Il dipinto è una caratteristica scena di 'bambocciata' romana. Rappresenta un maniscalco che ferra un cavallo circondato da personaggi che lo osservano, in primo piano un 'picnic' di popolani accanto ad un carro con bestiami. Sulla destra un casale romano in cui si riconoscono resti antichi inglobati dalla costruzione, con un cencio rosso che indica la presenza di un'osteria. L'opera, sia per il taglio della scena che per l'impianto della composizione, rientra in quella tipica della produzione del pittore fiammingo Jan Miel, maestro del genere della bambocciata, che, ispirandosi al fondatore del genere, Pieter Van Laer detto il Bamboccio, dipinse scene agresti e popolari, ambientate in scorci urbani in parte di fantasia o scene pittoresche della vasta campagna romana, magari puntellate da rovine e da altri elementi antichi. E' però sempre presente nelle sue tele una gustosa e vivace attenzione al dato realistico. Rispetto alla produzione del Van Laer, il Miel arricchì le sue tele con molti particolari aneddotici e descrittivi. Miel nacque a Beveren-Waas (Anversa) nel 1599 e morì a Torino nel 1664. Dopo una prima formazione in patria, forse presso la bottega di Gerard Seghers e poi di Anton Van Dyck, il pittore è documentato a Roma dal 1636, dove nel 1648 entra a far parte dell'Accademia di San Luca, della quale diventa priore nel 1661. L'aggiornamento sulla pittura del Correggio e poi la collaborazione con Andrea Sacchi lo portano verso una personale interpretazione del classicismo e gli aprono la strada per le importanti committenze romane. Dopo gli affreschi, perduti, in Santa Teresa alla Lungara eseguiti per i Barberini, dipinge per le chiese di San Martino ai Monti, Santa Maria dell'Anima e San Lorenzo in Lucina e partecipa, con influssi cortoneschi, all'importante impresa decorativa della Galleria di papa Alessandro VII Chigi nel Palazzo del Quirinale. Alla produzione colta di pittore di storia affianca però quella delle più note 'bambocciate', spesso confuse con quelle di Pieter Van Laer e Michelangelo Cerquozzi. Alla fine del 1658 il Miel viene chiamato a Torino dal duca Carlo Emanuele II. La sua morte improvvisa ed in età matura, ma non troppo avanzata, fu molto sentita a Torino e addolorò particolarmente il duca di Savoia. Il quadro, qui oggetto di studio, appartiene al periodo romano della sua attività e può agevolmente e convincentemente essere confrontato con suoi dipinti noti. I confronti potrebbero essere ancora molteplici per quest'opera, nella quale, pur nelle ridotte proporzioni, appare presente un mondo popolare molto articolato e caratterizzato da identiche situazioni. I numerosi paragoni proposti confermano l'autografia della tela e consentono di collocarla cronologicamente verso il 1640-45: all'epoca del suo fecondo e lungo soggiorno romano. Ottime le condizioni di conservazione. Bibliografia comparativa: A. Busiri Vici, Opere di Jan Miel alla corte sabauda, in: 'Bollettino della società piemontese di archeologia e di belle arti', 1958-1959, pp. 94-118- L. Trezzani, Jan Miel, in G. Briganti, L.Trezzani, L. Laureati, I bamboccianti. Pittori della vita quotidiana a Roma nel Seicento, Roma 1983, pp. 91-131- Arabella Cifani - Franco Monetti, I piaceri e le grazie. Collezionismo, pittura di genere e di paesaggio fra Sei e Settecento in Piemonte, Torino 1993, ad indicem- ivi ulteriore bibliografia.331 (Andrea Scacciati) disposiziome bibliografiaR. Spinelli, in 'La natura morta a palazzo e in villa. Le Collezioni dei Medici e dei Lorena', catalogo della mostra,a cura di M. Chiarini, Firenze 1998, pp. 160 -161, nn. 79-80.M. Mosco, M. Rizzotto, 'Andrea Scacciati', in 'La Natura morta in Italia', a cura di F. Porzio, Milano 1989, II, p. 589, fig. 697.