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DIPINTI DAL XIV AL XX SECOLO

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Pittore fiorentino nella cerchia di Fabrizio Boschi, metà sec. XVII

 Pittore fiorentino nella cerchia di Fabrizio Boschi, metà sec. XVII
LA RACCOLTA DELLA MANNA
ABRAMO SERVE MENSA AGLI ANGELI
olio su tela, cm 145x184
(2)

Provenienza
Collezione privata

I due grandi dipinti da sala, che formano un pendant, rappresentano scene tratte dall’Antico Testamento.
La prima delle due tele narra l’episodio della Raccolta della manna inserito nel libro dell’Esodo (16, 15-19). A sinistra, Mosè, presentato di profilo, indica con un gesto solenne la miracolosa discesa del cibo divino che il popolo ebreo raccoglie entro recipienti preziosi o, come la figura femminile sulla destra, servendosi della veste.
Nel secondo dipinto è presentato invece l’episodio tratto dal libro della Genesi (18, 8-15) in cui si narra che Abramo servì a mensa tre angeli che gli erano apparsi come pellegrini. Proprio in questa occasione gli angeli annunciarono ad Abramo che la moglie Sara, nonostante l’età avanzata, avrebbe avuto un figlio, Isacco, assicurando pertanto la sua discendenza. Nella tela il patriarca incede portando un piatto colmo di cibo verso il tavolo al quale sono seduti i tre angeli, mentre alla sua sinistra Sara, il volto non più fresco in accordo con il testo biblico, viene raffigurata mentre ascolta la predizione della sua maternità.
Le due tele sono legate fra loro sia per i temi ripresi dall’Antico Testamento, ma anche per le misure, per la stessa cornice riccamente intagliata e dorata e per lo stile. Entrambe infatti rivelano i tratti stilistici della scuola fiorentina del Seicento e sono da attribuire a una stessa mano influenzata dalla lezione di Fabrizio Boschi.
La tela con la Caduta della manna si avvicina alla nota trattazione dello stesso soggetto siglata dal Boschi e che appartiene alle Gallerie fiorentine (inv. 1890 n. 3810). Il nostro dipinto si rivela tuttavia molto variato, ed è da ritenersi di alcuni decenni posteriore, come suggerito dalla stesura più morbida e atmosferica nonché dai toni ribassati rispetto allo squillante cromatismo della giovanile tela boschiana. La figura di Mosè è ripensata nella posa e nell’atteggiamento e anche le due figure femminili al centro nel nostro quadro sono invertite e anch’esse variate rispetto alle figure corrispondenti nel capolavoro boschiano.
Sembra trattarsi, comunque, di un omaggio intenzionale al Boschi, da parte di uno stretto allievo operante nella sua bottega e che aveva accesso ai suoi disegni o comunque conosceva l’opera del maestro.
La composizione raffigurata nel dipinto con Abramo che serve mensa agli angeli rimanda invece a un disegno della collezione Santarelli al Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi n. 1610 S, già attribuito al Poccetti, al Bilivert e a Bartolomeo Salvestrini, sebbene non manchino elementi di contatto proprio con lo stile disegnativo di Fabrizio Boschi.
Al di là dell’attribuzione di questo disegno, le due tele mostrano rapporti stringenti proprio con Fabrizio Boschi, tanto da indurre a ricercare l’autore fra gli allievi più stretti del maestro fiorentino. Filippo Baldinucci stila un breve elenco di allievi tra cui sono presenti i figli di Fabrizio, Francesco e Giuseppe, dei quali non si conoscono opere, Simone Pignoni e Jacopo Chiavistelli, con nessuno dei quali tuttavia i nostri dipinti mostrano relazione stilistica. Sempre nel Baldinucci troviamo però notizia di un interessante artista, di cui ad oggi purtroppo si conoscono solo poche opere, e al quale il biografo dedica un profilo elogiativo in calce alla vita di Fabrizio, di cui fu il più diretto e importante e collaboratore (p. 652-653). Si tratta di Giovanni d’Angelo Rosi “uomo d’amabili qualità” che “stette col Boschi per lungo tempo, e l’aiutò nell’opere” (p. 652).
Confronti significativi si possono istituire tra Abramo serve a mensa gli angeli e le opere note del Rosi tra le quali si segnalano la pala firmata con la Madonna del Rosario nella Chiesa priorale di Tirli (Firenzuola, Firenze) e le due tele laterali della cappella di San Gregorio nella cattedrale di Colle Val d’Elsa (Siena), raffiguranti rispettivamente la Sacra Famiglia con San Nicola e San Girolamo, San Carlo Borromeo, Sant’Agostino e San Francesco in gloria, documentate tra il 1662 e il 1663.
I due dipinti potrebbero pertanto costituire il primo esempio noto di quadri da sala riferibili a Giovanni Rosi. L’ambientazione all’aperto della scena sembra rimandare a una prerogativa dell’arte del Rosi evidenziata da Baldinucci, ovvero la sua abilità “nel colorire scene boschereccie” (p. 652). Non sappiamo con certezza le date anagrafiche dell’artista, ma il Baldinucci riporta che Rosi visse settantasei anni e che morì nel 1673 da cui si può dedurre che il pittore nacque verso il 1597. Il pittore risulta comunque documentato tra il 1628, anno in cui si immatricolò nell’Accademia del Disegno di Firenze, e il 1671 (cfr. S. Bellesi, Catalogo dei pittori fiorentini del ‘600 e ‘700, I, Biografie e opere, Firenze, 2009 , p. 239). Si ringrazia Giovanni Pagliarulo per il riferimento attributivo e le preziose indicazioni.




DIPINTI DAL XIV AL XX SECOLO
mer 1 MARZO 2017
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