Firmato e datato in basso a sinistra Aloys. Crispi Sac. Bononi.s pinxit an. 1746.L'opera è accompagnata da scheda della Dott.ssa Serena D'Italia, di cui si riporta di seguito un estratto (le dimensioni nella scheda fanno riferimento al dipinto con la cornice).Provenienza: Probabilmente Collezione Fossati Bellani, Monza.Finarte Venezia, 16 maggio 2009, lotto n° 614 (come Giuseppe Maria Crespi).Collezione privata, Torino.Bibliografia:M.P. Merriman, Giuseppe Maria Crespi 1665-1747, Bologna 1990, p. 192 (come L. Crespi).G. Perini Folesani, “Sacerdos Aloysius” pittore di quadri sacri, in Luigi Crespi ritrattista nell'età di papa Lambertini, a cura di M.G. D'Apuzzo, Cinisello Balsamo 2017, pp. 49-61, in part. pp. 55-56.G. Perini Folesani, Luigi Crespi storiografo, mercante e artista attraverso l'epistolario, Firenze 2019, pp. 393-394.La scena raffigurata fa riferimento al racconto di alcuni vangeli apocrifi, come il Vangelo dello Pseudo Matteo o il Protovangelo di Giacomo, che dedicano ampio spazio ai primi anni di vita della Vergine, narrandoli spesso attraverso aneddoti fiabeschi: secondo questi testi, fin dalla tenera infanzia Maria sarebbe stata in grado di camminare e parlare come un'adulta e si sarebbe dedicata con grande impegno alla lettura, alla preghiera e al ricamo. [...] La tela qui presentata è stata resa nota nel 1990 da Mira Pajes Merriman nella sua monografia sul pittore emiliano Giuseppe Maria Crespi, padre di Luigi. All'epoca il dipinto era conservato nelle raccolte della Pinacoteca di Bologna, ma si trattava evidentemente di un deposito temporaneo, poiché l'opera non compare in nessun catalogo sistematico del museo. La presenza nella fototeca del Kunsthistorisches Institut di Firenze di un'immagine in bianco e nero del dipinto (inv. 77972) marchiata come “dono Fossati Bellani” lascia supporre che questa Educazione della Vergine appartenesse un tempo all'importante collezione della famiglia di industriali monzesi, che comprendeva dipinti sia antichi che del Novecento.L'opera è poi ricomparsa sul mercato antiquario nel 2009 con la firma ricoperta da una ridipintura: dal confronto delle foto non sembra sussistano dubbi sul fatto che si tratti sempre della stessa tela (asta Finarte Venezia, 16 maggio 2009, lotto n° 614 come Giuseppe Maria Crespi).Nel testo del 1990 Merriman rilevava come nell'ultima fase di attività di Giuseppe Maria Crespi fosse spesso difficile distinguere la sua mano da quella dei figli Luigi e Antonio, attivi nella bottega di famiglia dal 1730 circa. In particolare la vicinanza dei modi di Luigi – il più anziano dei due fratelli – a quelli paterni è testimoniata da alcune sue pale d'altare giovanili, tra cui Il sogno di san Giuseppe dell'Oratorio del Baraccano a Bologna (forse frutto di collaborazione con Giuseppe Maria), La Vergine con i santi Giovanni Nepomuceno e Gaetano di Finale Emilia, La Vergine del Rosario di Prato e La Vergine con i santi Anna, Giuseppe, Laborio e Pasquale in San Sigismondo a Bologna.Dal padre l'artista mutuò soprattutto “un determinato tipo fisiognomico, dagli occhi grandi e umidi, il mento piccolo, la bocca morbida” ispirato ai modelli degli estatici santi di Guido Reni, e “l'intero repertorio paterno dei gesti convenzionali indicanti devozione” (Merriman 1990, pp. 187-188). Simili sono anche la struttura compositiva delle scene, tendenzialmente costituita da composizioni frontali e isolate, e i virtuosistici passaggi chiaroscurali nella resa delle stoffe e dei volti, tutti elementi riscontrabili anche nell'opera qui commentata. [...] Il tema della Sant'Anna che insegna a leggere alla Vergine rientra nel repertorio devozionale tipico di Luigi Crespi, che lo ripropose con alcune varianti in più occasioni: oltre alle versioni dipinte per le chiese bolognesi di San Giorgio in Poggiale e dell'Osservanza – documentate ma non ancora rintracciate – Giovanna Perini Folesani ne ricorda una a Faenza e una a Piumazzo, che presentano però diversi livelli qualitativi. Queste discrepanze appaiono ancora oggi ancora di difficile interpretazione, poiché non abbiamo informazioni sull'esistenza di eventuali aiuti attivi al fianco di Crespi.Cronologicamente la tela qui analizzata si colloca però in una fase particolarmente felice della produzione di Luigi, ben testimoniata da altre opere firmate e datate di buon livello, come il Beato Giovanni da Prato del convento dell'Osservanza a Bologna (1744), il San Giuseppe col Bambino e san Giovannino del convento dei servi di Ronzano (1745) e la Cena in Emmaus di Lugagnano Val d'Arda, vicino a Piacenza (1748).Perini Folesani inoltre ha recentemente richiamato l'attenzione sulla particolarità delle firme apposte dall'artista: nel caso delle opere religiose egli latinizza il suo nome in “Aloysius” e connota sempre il suo status clericale aggiungendo il termine “sacerdos”, o più tardi “canonicus”, “abbas canonicus” o semplicemente “don” (Perini Folesani 2017, p. 56). Non fa eccezione il dipinto qui presentato, firmato ai piedi della piccola Maria “Aloys. Crispi Sac. Bononi.s pinxit an. 1746”. [...] Il suo corpus pittorico – nonostante l'importante razionalizzazione operata dalla monografia del 2019 – a oggi non ha ancora raggiunto una sistemazione definitiva, quindi la ricomparsa di un'opera firmata e datata costituisce un importante tassello per la ricostruzione dell'attività dell'artista.