Iscrizione in basso a destra: “VERE LANGUORES NOSTROS IPSE TULIT”.Bibliografia di riferimento: V. Fortunati, in La pittura in Emilia e Romagna, Il Cinquecento, I, Milano 1995, pp. 225-228.G. Daniele, Prospero Fontana ‘pictor bononiensis’ (1509-1597): catalogo ragionato dei dipinti, Roma 2022, tav. 63, p. 148.L'opera rappresenta l’episodio della Deposizione nel sepolcro in un’impostazione compositiva grandiosa, con Cristo, posto al centro della scena, sostenuto dai dolenti in un intreccio serrato, carico di intensità emotiva. Il pallore del suo corpo contrasta con i colori vivaci e saturi delle vesti delle figure circostanti, come il rosso e il verde intenso, conferendo profondità e rilievo all’intera rappresentazione. Lo stile, la disposizione e il trattamento delle figure, i chiari riferimenti all’antico, evocano il ricco clima culturale del manierismo centro-italiano e possono suggerire un'influenza di Prospero Fontana o di un suo seguace. Fontana, noto pittore della scuola emiliana attivo nel XVI secolo, fu maestro di un manierismo che enfatizzava il pathos e la complessità psicologica, soprattutto delle scene sacre, come è possibile riscontrare in opere come la Sepoltura di Cristo, ora conservata alla Pinacoteca Nazionale di Bologna (inv. 539). In questa tela, si ritrovano alcuni dei tratti tipici del suo linguaggio: dall'uso di colori vividi e vibranti al sapiente chiaroscuro che modella le figure, alla caratterizzazione dei volti particolarmente espressiva e incisiva, che rivela una variegata gamma di emozioni rendendo palpabile il dolore collettivo. In particolare, la figura in rosso sulla destra, probabilmente Giuseppe d’Arimatea, ricorda modelli tipici di Fontana e sembra dirigere lo sguardo dell’osservatore verso il centro fisico ed emotivo di tutta la scena, il corpo di Cristo.