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Asta 492 | ARTE ANTICA E DEL XIX SECOLO - Arte antica e antiquariato Tradizionale

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TEMPESTA ANTONIO (1555 - 1630)

Adorazione dei pastori

 Dimensioni con cornice: 59x75 cm.L'opera è accompagnata dalla scheda a cura del Dott. Francesco Gatta, di cui si riporta di seguito un estratto. L'opera viene datata al 1603-1605 e sarà inserita nella monografia sui dipinti di Antonio Tempesta in fase di realizzazione.Provenienza: Collezione dei Duchi di Canzano.Duchessa Maria Clotilde Coppola di Canzano.Collezione Postiglione Coppola di Canzano.Bibliografia di riferimento:G. Baglione, Le Vite de’ Pittori, Scultori et Architetti, Roma 1642.F. Federici, «Anticomoderno»: significati ed usi del termine nella letteratura artistica tra Cinque e Settecento, in «Conosco un ottimo storico dell’arte...» . Per Enrico Castelnuovo . Scritti di allievi e amici pisani, a cura di M. M. Donato, M. Ferretti, Pisa 2012, pp. 291-296.D. Gallavotti Cavallero, L’iconografia di Santa Prisca e l’immagine di Pietro dalla basilica Vaticana al “titulus” della santa sull’Aventino nei secoli XVI e XVII, in L’Aventino dal Rinascimento a oggi, a cura di Mario Bevilacqua e Daniela Gallavotti, Roma 2010, pp. 57-71.F. Gatta, Alcuni inediti o poco noti dipinti a chiaroscuro di Antonio Tempesta dalle collezioni nobiliari romane del Seicento, in “Studi di Storia dell’Arte”, 31, 2020, pp. 103-118.F. Gatta, Antonio Tempesta pittore di soggetti sacri: il ritrovamento dei 'quadri di devozione' di Ciriaco Mattei, novità e riflessioni, in “Arte cristiana”, 110, 930 (maggio/giugno 2022), 2022, pp. 176-187.E. Leuschner, Antonio Tempesta: ein Bahnbrecher des römischen Barock und seine europäische Wirkung, Petersberg 2005.J. B. Lohff, Malerei auf Stein. Antonio Tempestas Bilder auf Stein im Kontext der Kunst und Naturtheorie seiner Zeit, München 2015.J. B. Lohff, Antonio Tempesta’s Paintings on Stone and the Development of a Genre in 17th-Century Italy, in Almost Eternal. Painting on Stone and Material Innovation in Early Modern Europe, a cura di P. Baker-Bates e E. Calvillo, Leiden-Boston 2018, pp. 180-220.Meraviglia senza tempo. Pittura su pietra a Roma tra Cinquecento e Seicento, catalogo della mostra a cura di F. Cappelletti e P. Cavazzini (Roma, Galleria Borghese, 25 ottobre 2022-29 gennaio 2023), Città di Castello 2022.F. M. Tuena, I marmi commessi nel tardo Rinascimento romano, in Marmi antichi, a cura di G. Borghini, Roma 2001, pp. 81-97.A. Vannugli, Antonio Tempesta: un retablo portátil en la catedral de Segovia y otras pinturas sobre piedra, in In sapientia libertas. Escritos en homenaje al profesor Alfonso E. Pérez Sánchez, Madrid 2007, pp. 230-246.A. Zuccari, Benedetto Giustiniani e i pittori di Santa Prisca, in Caravaggio e i Giustiniani, catalogo della mostra a cura di Silvia Danesi Squarzina (Roma, Palazzo Giustiniani, 26 gennaio-15 maggio 2001. Berlino, Altes Museum, 15 giugno-9 settembre 2001), Milano 2001, pp. 81-86.L’opera inedita che qui si presenta costituisce un’importante aggiunta al catalogo dei dipinti realizzati dall’artista fiorentino Antonio Tempesta (Firenze 1555 – Roma 1630).Formatosi a Firenze nella bottega del fiammingo Jan van der Straet, italianizzato ‘Giovanni Stradano’ (1523-1605), dopo aver collaborato a importanti cantieri decorativi per la famiglia Medici sotto la direzione di Vasari, egli si trasferì a Roma durante il pontificato di Gregorio XIII Boncompagni (1572-1585), dove fu molto prolifico, soprattutto come frescante, per diverse committenze pontificie. [...] Durante il lungo pontificato di Clemente VIII Aldobrandini (1592-1605), la sua produzione grafica e pittorica s’intensificò e, malgrado l’assenza di documenti che permettano di accertare con esattezza la datazione delle sue opere da cavalletto, studi recenti basati sull’esame stilistico hanno permesso di approntare un’analisi cronologica della sua opera.In particolare, negli anni del papato Aldobrandini, l’artista gradualmente mutò stile passando dalla maniera fiammingo-vasariana tipica degli anni fiorentini – a cui si aggiunsero a Roma influssi nella realizzazione delle figure derivanti da Santi di Tito e Agostino Ciampelli, e per i paesaggi da Mathijs e Paul Bril – alla sperimentazione di un modus operandi inedito, connotato da una severità espressiva tipica soprattutto degli anni a cavallo tra i due secoli, scaturita dal serrato confronto con le sculture greco-romane e con la pittura paleocristiana che Tempesta ebbe modo di studiare a fondo a quelle date, grazie anche alla frequentazione d’illustri committenti quali i Giustiniani, i Colonna, i Mattei e numerosi membri dell’aristocrazia e della cerchia degli oratoriani romani, molto attenti a quelle tipologie artistiche e da loro assai apprezzate. Del processo di assimilazione di questa maniera “anticomoderna”, a cui Tempesta cominciò ad attingere negli anni dei restauri nel Battistero Lateranense, in cui realizzò delle caratteristiche pitture ‘all’antica’, si ha la riprova negli affreschi commissionati al pittore dal cardinale Benedetto Giustiniani nella cripta di Santa Prisca (1601-1603). In quest’ultimo cantiere il committente volle realizzare un piccolo santuario sotterraneo che riuscì tanto influenzato dal gusto antiquario promulgato dall’erudito Antonio Bosio, quanto in linea con le teorie decorative promosse dal cardinal Baronio, molto apprezzate nella cerchia oratoriana attorno al quale gravitavano i cardinali Giustiniani, Mattei e de Torres.Il revival stilistico paleocristiano celebrato a Santa Prisca influenzò anche una serie di opere che Tempesta realizzò in quegli anni su supporti lapidei pregiati, specialmente di alabastro. Com’è già stato ipotizzato per quanto riguarda le pitture eseguite dall’artista su lastre di lapislazzuli eseguite ai tempi del pontificato Borghese (1605-1621), è probabile che Tempesta durante il precedente pontificato Aldobrandini ebbe modo di acquistare in blocco una certa quantità di alabastro per realizzare i suoi dipinti sfruttando il fervido mercato di quel materiale che in quegli anni si stava intensificando nell’Urbe, dettato soprattutto dalla necessità decorativa d’illustri cappelle gentilizie. All’epoca quel materiale era raro, ma non eccessivamente costoso, e il suo utilizzo consentiva agli artisti di produrre dipinti di piccolo formato e di grande pregio, che quasi sempre erano destinati ad arricchire cabinets di curiosità, soddisfacendo a pieno il gusto di raffinati collezionisti.Sfruttando le caratteristiche tipiche dell’alabastro, Tempesta si avvalse delle venature naturali delle pietre come sfondi su cui sviluppare le sue composizioni, inventando meravigliose scene sacre desunte dal Vecchio e Nuovo Testamento. La sua pittura, in questi casi, andava a sovrapporsi al layout di base offerto dalla pietra integrandolo con un intelligente artificio artistico che destava stupore e meraviglia.Tra queste opere va situata l'Adorazione dei pastori in esame, che pare inscindibilmente legata ad altre due di medesimo formato raffiguranti simili soggetti iconografici, le quali certamente vennero prodotte in un giro di anni non troppo ampio. La prima, in ordine cronologico, databile al 1602-‘03, è l’Adorazione dei magi della Galleria Borghese (olio su alabastro, 28,5x55,8 cm, inv. 500), che forse in origine faceva parte delle raccolte di Ciriaco Mattei, siglata “ANT ... P / F ...TA” (iscrizione già correttamente sciolta come firma del pittore “ANT. TEMP /FEC. ESTA”), dal gusto arcaico e severo, con parziali reminiscenze tosco-fiammingheggianti nella gloria di angeli, molto vicina, stilisticamente, agli affreschi di Tempesta realizzati nell’ambulacro della cripta di Santa Prisca, con le Storie di san Pietro e le figure allegoriche della Religione e della Carità (1601-1603). A qualche anno dopo, probabilmente attorno al 1605-‘08, va situata l’esecuzione della raffinatissima Adorazione dei magi (33x64,5 cm) montata all’interno di un piccolo altare ligneo conservato ab antiquo nella Cattedrale di Segovia, il quale è composto da un assemblaggio di varie scene sacre dipinte su lamine di alabastro di formati differenti, tra cui compaiono anche un’Adorazione dei pastori, l’Annunciazione e il Padre Eterno benedicente con angeli. Lo stile più sciolto e movimentato, nonché l’organizzazione spaziale più controllata, spingono a datare quest’opera più avanti, nella seconda metà del primo decennio, all’epoca in cui Tempesta, grazie anche alla frequentazione col pittore Gaspare Celio e l’attenzione verso la pittura degli artisti bolognesi risiedenti a Roma, ingentilì la sua maniera fluidificando il ductus grafico con cui erano eseguiti soprattutto i panneggi.L’opera in esame si situa a metà strada tra le due versioni appena menzionate e, per motivazioni stilistiche, appare dunque ancorabile agli ultimi anni del pontificato Aldobrandini (1603-’05).In essa si scorge una positiva evoluzione dello stile severo evidente nelle pitture di Santa Prisca in direzione di una rappresentazione sacra dal gusto più intimo ed emotivamente coinvolgente, con accenti naturalistici che deviano dal manierismo tosco-fiammingo proprio della produzione giovanile dell’artista. Di Tempesta si conosce un’ulteriore opera su alabastro di analogo soggetto e formato, raffigurante L’adorazione dei Magi (45x60 cm), firmato “ANT. TEMP. FECI.”, già a New York presso il mercante Stanley Moss, che tuttavia risale agli anni tardi della sua produzione. [...] Dall’analisi dell’impianto costruttivo della composizione si evince che sia nell’Adorazione dei Magi della Galleria Borghese, sia in quella di Segovia e nella redazione americana, Tempesta utilizzò lo stesso schema, con la Sacra Famiglia posizionata a sinistra e il corteo a destra. nell’Adorazione dei pastori in esame, invece, l’organizzazione della scena è invertita in senso speculare, e in essa vi è la raffigurazione di un minor numero di personaggi.Nelle tre versioni databili al primo decennio, inoltre, le fisionomie degli angeli che costituiscono la gloria celeste sono molto simili tra loro, con le ali variopinte e le vesti dai colori sgargianti. la Madonna e il san Giuseppe della redazione che qui si presenta, inoltre, sono caratterizzati dagli stessi tipici tratti somatici evidenti anche negli stessi personaggi delle versioni della Galleria Borghese e di Segovia, a dimostrazione che Tempesta, durante il primo decennio, formulò delle cifre stilistiche proprie e inconfondibili in grado di far riconoscere facilmente al pubblico le sue opere autografe, ben diverse e molto più raffinate di quelle dei tanti seguaci e degli imitatori. [...] Interessanti osservazioni emergono inoltre dall’analisi del supporto di alabastro di questo dipinto. È assai probabile che per l’esecuzione di questo tipo di opere Tempesta si sia approvvigionato di blocchi d’alabastro durante momenti favorevoli all’acquisto di questo materiale. [...] È del tutto plausibile che l’artista non comperò di volta in volta le lastre su cui dipingere le sue composizioni, ma che, d’altro canto, procedesse economizzando con acquisti in blocco di materiale ancora da segare. La riprova di ciò è oggi appurabile dall’evidente somiglianza delle due lamine d’alabastro che costituiscono i supporti dell’Adorazione dei pastori in esame e dell’Adorazione dei magi di Segovia. Esse presentano dimensioni quasi identiche (32,8x62,5 cm contro 33x64,5 cm) e le caratteristiche morfologiche nonché le venature del materiale di entrambe suggeriscono la loro derivazione dalla sezionatura di un medesimo blocco d’alabastro, il quale molto probabilmente era stato rinvenuto nell’ultimo quarto del XVI secolo in uno scavo nel sottosuolo dell’Urbe, assai ricco di quel tipo di pietre d’origine egiziana molto stimate e impiegate in epoca romana. [...] La preziosa ed elaborata cornice barocca in cui oggi è conservata l’opera fu senza dubbio realizzata a Roma durante il primo trentennio del Settecento. Essa costituisce una preziosa testimonianza che attesta ancora la presenza del dipinto nell’Urbe all’alba del XVIII secolo, a distanza di oltre cento anni dall’epoca della sua creazione.

Asta 492 | ARTE ANTICA E DEL XIX SECOLO - Arte antica e antiquariato Tradizionale
mar 10 DICEMBRE 2024
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