Tecnica mista su carta applicata tela, 148 x 320 cm
1931 ca. Studio preparatorio per il mosaico del 1931 realizzato per una villa di Jesi. Expertise del Prof. Francesco Parisi: 'Alla fine degli anni Venti l’architetto e ingegnere originario di Jesi Quadrio Pirani, la cui attività progettuale volta alla realizzazione di abitazioni per l’Istituto Cooperativo per le case degli impiegati dello Stato, si pose come un punto di riferimento nell’evoluzione del linguaggio architettonico del novecento lasciando a Roma una delle poche pagine di livello internazionale (cfr. Livio Toschi, Quadrio Pirani, in L’Istituto Cooperativo per le case degli impiegati in Roma 1908-1933, catalogo della mostra, Roma marzo-maggio 1986, Roma 1986), restaura e aggiorna secondo più moderni criteri la villa jesina La Meridiana, risalente al XVIII secolo, adattandola ad abitazione di famiglia, come già avvenuto con la casa del fratello nella vicina Falconara Marittima. Pirani era legato da un’amicizia decennale con l’artista Giulio Bargellini, tanto che alla morte di questi fu proprio l’ingegnere a recuperare e conservare buona parte del materiale rimasto nello studio, compreso il consistente epistolario, tuttora conservati dagli eredi. La figlia di Pirani, Beatrice, sposò inoltre l’illustratore Ottorino Mancioli, frequentatore dell’atelier dello stesso Bargellini, tanto che presso gli eredi era presente un’opera di Bargellini ritoccata dallo stesso Mancioli. Il legame con Pirani e lo stretto rapporto di fiducia esistente fra i due è ulteriormente testimoniato da una lettera, ascrivibile agli stessi anni della decorazione della Villa La Meridiana, in cui Bargellini invita l’amico a visionare le quattro composizioni che stava approntando per la chiesa del Sacro Cuore a Monte Mario, realizzate fra il 1930 e il 1934 (G. Monti, A. Rocchetti, L’opera di Quadrio Pirani dai documenti del suo archivio, in “Architettura Archivi” 1982, n. 2, pp. 61-86). Al momento della commissione per Pirani Bargellini veniva da una lunga esperienza nella grande decorazione, come testimoniano i cicli per la sede della Banca d’Italia (1924), dell’Istituto Nazionale delle Assicurazioni (1927) e del Ministero di Grazia e Giustizia (1929), nonché le numerose commissioni private che lo avevano, a partire dalla prima grande commissione pubblica per decorazione musiva delle lunette nei propilei est dell’Altare della Patria (1912-1918), di fatto allontanato dalla produzione di cavalletto e di conseguenza dalla partecipazione alle grandi mostre nazionali biennali e quadriennali, cui aveva comunque preso parte seppur sporadicamente (Esposizione Internazionale, Roma 1911; Amatori e Cultori di Belle Arti, Roma 1904 e 1912; Biennale di Venezia 1905, 1924 e 1926). Nel 1931 Bargellini aveva dunque ormai raggiunto un linguaggio ben definito, a tratti sintetico, ma con una decisa individuazione caratteriale nelle tipologie dei volti alquanto realistici e un’impronta decorativa di ispirazione quattrocentesca che culminerà nei lavori per la Cappella di San Giovanni Gualberto in Santa Prassede a Roma (1933). La natura dei lavori eseguiti fra il 1910 e il 1930, per i quali era connaturato un costante dialogo con l’architetto – non a caso l’artista chiese di passare dall’insegnamento di decorazione presso l’Istituto Superiore di Belle Arti (oggi Accademia di Belle Arti) di Roma alla Scuola Superiore di Architettura, trasferimento che gli venne concesso quando si rese disponibile la sostituzione di Adolfo De Carolis – riflette quanto le amicizie di Bargellini in ambito artistico fossero spesso riservate proprio agli architetti con i quali instaura un rapporto di fiduciosa collaborazione: sono note le sue amicizie, ad esempio, con Armando Brasini, che lo impose come decoratore per il Padiglione Italiano all’Esposizione Internazionale delle Arti Decorative di Parigi del 1925 – che suscitò grandi critiche tanto da meritarsi l’appellativo “l’onta di Parigi” – e per il Monumento ai Caduti e alla Vittoria a Tripoli (l’edificio, poi distrutto, venne costruito fra il 1925 ed il 1929), ma anche con Ernesto Leschiutta (Santa Prassede, Roma), Antonio Barluzzi (Basilica dei Getsemani, Gerusalemme), Marcello Piacentini, Florestano Di Fausto e Ugo Giovannozzi. Per la decorazione di Villa La Meridiana il dialogo fra Pirani e Bargellini è evidente dalla partecipazione di quest’ultimo alla progettazione sia della cornice architettonica sottostante il mosaico, i cui stilemi decorativi sono riscontrabili in alcuni precedenti lavori dell’artista, sia della stessa meridiana, come si evince dalla scelta dei caratteri della numerazione che sono sufficientemente accostabili da quelli già utilizzati nell’apparato decorativo di Villa Targioni Peragallo a Calenzano, realizzata quasi un trentennio prima, che grazie ad alcune allusioni all’occultismo, di cui l’artista era all’epoca un attento studioso, testimonia uno dei rari esempi di decorazione simbolista presenti in Italia (vedi Francesco Parisi, Giulio Bargellini, riflessi klimtiani nella pittura di un simbolista italiano tra Firenze e Roma, in Klimt e l’arte italiana, a cura di Beatrice Avanzi, catalogo mostra, Mart, Rovereto, marzo-giugno 2023, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo 2023, pp. 149-159). Una lettera inviata da Florestano Di Fausto a Giulio Barluzzi rivela inoltre il modo di lavorare di Giulio Bargellini, sottolineando come l’artista improntasse centinaia di studi “di piccoli schizzi a penna e a lapis per provare l’effetto migliore di masse”: secondo questo modus operandi anche di alcuni dettagli delle figure della decorazione di Villa La Meridiana sono recentemente emersi diversi disegni sul mercato (vedi Francesco Parisi, Giulio Bargellini, un fondo di disegni inediti, in Stampe Disegni Carte geografiche e vedute, asta n. 12, maggio 2013, Gonnelli Casa d’Aste, pp. 14-17). L’opera in esame è il cartone preparatorio per la decorazione musiva posta nella facciata anteriore dell’edificio, la cui esecuzione è, con ogni probabilità, da ascrivere a Ignazio Piergentili, con il supporto della Cooperativa Mosaicisti di Venezia, con cui Bargellini aveva già lavorato in occasione della decorazione della Banca d’Italia (vedi relazione di Giulio Bargellini, Gli affreschi nella Sala del Consiglio della Banca d’Italia, Roma 1924, p. 10) e che pochi anni più tardi realizzerà i mosaici nella cripta dedicata al Milite Ignoto al Vittoriano (1935). Pur appartenendo cronologicamente l’opera agli inizi degli anni Trenta Bargellini sembra cristallizzarvi uno schema ancora affine alle fluenze Liberty, soprattutto nell’idea delle due figure volanti che può essere ricondotta alle scelte figurative già attuate nella decorazione per le Terme Tettuccio di Montecatini, eseguite fra il 1927 e il 1928, in particolare la scena dedicata all’amore con la coppia morbidamente abbracciata, accompagnata dai tipici abiti svolazzanti che rivelano quanto l’artista fosse ancora fedele ai modi primonovecenteschi nonostante gli apporti derivatigli dal rinato interesse nei confronti del XV secolo che si può definire conforme a quello scorcio di novecento. In una lettera indirizzata a Ugo Ojetti, datata 1925, conservata presso l’archivio della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma (12.UA109) l’artista si mostrava conscio di questo suo anacronismo: “forse io mal rappresento il mio tempo, ma permetta che seguiti a rappresentarlo con tutta la sincerità e mi perdoni e mi compatisca se nulla tento e invento di originale e di nuovo”.