Olio su tela, cm. 119x100. Con cornice
Pubblicato e riprodotto da Ferdinando Bologna come autografo di Angelo Solimena nella sua pionieristica monografia sul figlio Francesco, questo dipinto costituisce un esito tra i più brillanti del pittore e si pone come un ideale anello di congiunzione tra i modi del suo maestro Francesco Guarino e il linguaggio pittorico barocco e neo-veneto di Luca Giordano e poi dello stesso Francesco Solimena. Di energica concezione plastica, la tela costituisce una rara sortita di Angelo nell’ambito dei dipinti da quadreria a figura singola e ci permette di apprezzarne appieno le virtù coloristiche. Guardando ai veneti e soprattutto a Veronese, Angelo Solimena esibisce qui notevole maestria nei panneggi, nella resa delle stoffe e dei riflessi di luce sulle pieghe degli indumenti, mostrando una particolare scioltezza di pennellata nella ricca capigliatura dorata della giovane donna. Sapiente anche il contrasto tra i colori vividi e accesi delle vesti e la purezza cerea dell’incarnato del volto, del petto e delle mani. Molte protagoniste femminili presenti nei dipinti di Angelo Solimena possono essere richiamate come chiari termini di confronti per questa notevole figura, che è lecito interpretare come una Santa Cecilia, ma anche come il ritratto di una nobildonna nelle vesti di Santa Cecilia, o come un’Allegoria della musica. A tale proposito, si possono segnalare le affinità con l’Immacolata della chiesa del Santissimo nome di Gesù e Maria di Sorbo Serpico, con la Vergine nel S. Francesco che chiede l’indulgenza plenaria per la Porziuncola del convento di S. Lorenzo a Salerno e con la Santa Rosa da Lima della chiesa di S. Giovanni Battista di Angri, probabilmente eseguito con la collaborazione del figlio Francesco.