Pandolfo Reschi
(Danzica, 1643 – Firenze, 1699)
VEDUTA DI FIRENZE DALLE CASCINE
tempera grassa su tela, cm 232x526
siglato “P” sul tronco dell’albero a destra dei cavalieri
Il lotto sarà visionabile presso la nostra sede di Prato in via Fratelli Giachetti 35 previo appuntamento
VIEW OF FLORENCE FROM THE CASCINE
tempera grassa on canvas, 232x526 cm
initialled ‘P’ on the tree trunk to the right of the horsemen
The lot can be viewed at our office in Prato, at Via Fratelli Giachetti 35, by appointment only
Bibliografia di riferimento
Firenze e la sua immagine. Cinque secoli di vedutismo , catalogo della mostra a cura di M. Chiarini e A. Marabottini (Firenze), Venezia 1993.
N. Barbolani di Montauto, Pandolfi Reschi , Firenze 1996.
Francesco Saverio Baldinucci riporta come Pandolfo Reschi, di origine polacca ma formatosi a Roma (F. S. Baldinucci, Vite di artisti dei secoli XVII-XVIII , 1725-1730, ed. a cura di A. Matteoli, Roma 1975, p. 220), si fosse esercitato in vedute dal vero all’acquarello a partire proprio dalla sua esperienza romana, anticipando la stagione del vedutismo.
Giunto a Firenze, negli anni sessanta del Seicento, beneficiò del mecenatismo del marchese Pier Antonio Gerini e successivamente del cardinale Francesco Maria de’ Medici, che gli permise di studiare anche le opere delle loro importanti collezioni, in particolare quelle di Salvator Rosa e di Jacques Courtois, detto il Borgognone.
Proveniente proprio dalla collezione Gerini e oggi presso la collezione della Cassa di Risparmio di Firenze (Barbolani di Montauto 1996, pp.68-70, cat. 12) è una tela di più contenute dimensioni con lo stesso originale punto di vista della nostra tela, dal viale delle Cascine folto di pini e querce, con la suggestiva apertura sull’Oltrarno da Porta san Frediano che passando per il campanile di Santo Spirito e Palazzo Pitti arriva sino al forte Belvedere sulle colline azzurrate. Come giustamente è stato notato, la mancanza della chiesa di San Frediano in Cestello, confermerebbe la datazione alla quale far risalire la veduta, intorno al 1680, anno in cui ebbero inizio i lavori per la riedificazione di tale edificio religioso.
La raffigurazione topografica del dipinto offerto, molto accurata e tutta giocata su delicate tonalità del verde e dell’azzurro con gli immancabili tocchi squillanti in primo piano – si veda la giubba rossa del pescatore -, mostra una soluzione successivamente adottata da Vanvitelli, Zocchi e Patch.