GIANFRANCO BARUCHELLO

Provenienza:
Galleria Schwarz, Milano, come da etichetta sul retro;
Collezione privata

Esposizioni:
Baruchello Supericonoscopio, Galleria Schwarz, Milano, dal 3 al 30 aprile 1968

Bibliografia:
Baruchello Supericonoscopio. Un intervista di Arturo Schwarz all'artista, a cura della Galleria Schwarz, Milano, 1968, illustrato a pagina non numerata

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Nel lavoro di Gianfranco Baruchello (Livorno, 1924 - Roma, 2023) spicca, come nell’opera del 1967 qui proposta, una virtualità creatrice che si esprime tramite la miniaturizzazione del segno, dei suggerimenti che affermano uno spirito creativo volutamente leggero e imprevedibile.

Sperimentatore di linguaggi e tecniche, Baruchello ha avviato la sua attività alla fine degli anni Cinquanta ripensando il mezzo pittorico, praticando l’accostamento, l’assemblaggio, la scrittura. Da qui la sua decisione di lasciare il certo per l’incerto e una ricerca artistica continua. Per l’artista il colore dell'incerto è il bianco che diventa il campo dei suoi quadri sul quale si depositano delle sequenze di segni-immagini che molti hanno provato a definire.

L’iconografia dell’artista è il frutto di collisioni e di cortocircuiti che rispondono alla logica di una dialettica quasi biologica. Lo spazio dell’arte con Baruchello non è più lo spazio della rappresentazione ma è quello dell’evento: si apre per ricevere i segni che si organizzano e si definiscono in sintonia con il proprio supporto, senza scala di valore, senza né alto né basso, né destra né sinistra, il frammento si presenta come entità autonoma che ha rinunciato a una qualsiasi forma di unità o di centralità. (Tratto dalla biografia dell’artista a cura del Museo Madre, Napoli).