Ezio Marzi
(Firenze 1875 - 1955)
NELLO STUDIO
olio su tela, cm 45,5x30
firmato e iscritto Firenze” in basso a sinistra, frammento di etichetta “342” in basso a destra
IN THE STUDIO
oil on canvas, 45.5x30 cm
signed and inscribed Firenze lower left, trace of label 342 lower right
Esposizioni
III Esposizione d'Arte, Livorno, 1901, sala F, n.309
Un altro '800. Gusto e cultura in una quadreria oltrepadana. Grandi collezioni alla Ricci Oddi di Piacenza, Piacenza, Galleria d'Arte Moderna Ricci Oddi, 3 dicembre 2005- 25 giugno 2006, n.27.
Bibliografia
III Esposizioned'Arte, Livorno 1901, p.10
R. Bossaglia (a cura di) Ottocento a Voghera. Dipinti scelti da collezioni private oltrepadane, catalogo della mostra, Voghera 1998, n.15
S. Fugazza, A. Guarnaschelli e P. Nicholls (a cura di), Un altro '800. Gusto e cultura in una quadreria oltrepadana. Grandi collezioni alla Ricci Oddi di Piacenza, catalogo della mostra (Piacenza, Galleria d'Arte Moderna Ricci Oddi), Milano 2005, pp. 10, 76-77 n.27.
Di Marzi, purtroppo, si conosce troppo poco per qualificare questa opera all’interno della sua produzione. Dopo gli studi con Ciaranfi all’Accademia fiorentina, il pittore dovette eseguire copie, restauri e illustrazioni per sbarcare il lunario. In seguito, troppo amante del bel disegno per essere convinto dallo sperimentalismo del primo Novecento, se dedicò in buona parte a dipinti sacri e ritratti; inoltre collaborò come disegnatore in un atelier di tessitura a Firenze (A.P Torresi, a cura di, Il “Dizionario Faini”. Repertorio biografico di pittori, scultori, grafici, architetti e restauratori toscani del primo Novecento, Ferrara, 1997, p.93). Sorprende, quindi, per un artista apparentemente così defilato, il numero di presenze alle mostre nazionali, dall’esordio a Bologna nel 1896 fino all’ultima partecipazione registrata a Roma nel 1927 (R.Breda, 1890-1940 Artisti e mostre. Repertorio di pittori e incisori italiani in esposizioni nazionali, Roma, 2001, p.310). Tra le mostre, quella di Livorno del 1901, alla quale Marzi presentò quest’opera (secondo la cortese segnalazione di Giulia Marzi), riveste particolare importanza, in quanto vi parteciparono anche Oscar Ghiglia, Ulvi Liegi, Llewelyn Lloyd, Mario Puccini e Plinio Nomellini, tutt’altro che seguaci della tradizione accademica. Marzi non era incline al rinnovamento, ma non era privo d’invenzione. Il gioco di luce, con l’accenno di forme e oggetti particolari di un atelier, rende l’interpretazione del soggetto quasi una visione, in cui lo sguardo fisso della bambina appare più interrogativo che ammirato. In un’altra rappresentazione dell’atelier, Autoritratto nello studio (collezione privata), del 1905, l’artista ripropone una composizione simile, rappresentandosi in un colloquio metafisico con una figura settecentesca.
Nicholls 2005, p.76