Il dipinto reca al retro due vecchie etichette con numeri d'inventario: T. 52 e N. 272 (...). Reca inoltre l'etichetta MOSTRA DI ARTE ANTICA / MUNICIPIO DI FERRARA / PALAZZO DEI DIAMANTI.
L'etichetta ha permesso di identificare inequivocabilmente il dipinto con quello esposto nella storica Mostra di opere d'arte antica delle raccolte private ferraresi che si tenne a Palazzo dei Diamanti tra Agosto e Settembre del 1949. L'opera fu pubblicata nell'agile catalogo cartaceo al n. 16, corredata della riproduzione in b/n, con le informazioni relative alle misure e alla provenienza dalla collezione dell'Ing. Ubaldo Masotti.
Ludovico Mazzolino, fra i maggiori protagonisti della pittura ferrarese della generazione successiva alla grande triade Tura- Cossa-Roberti, fu attivo primariamente nella produzione di piccoli dipinti su tavola di destinazione devozionale, con un spiccata predilezione per alcuni soggetti che replicò in molteplici versioni: tra i più ricorrenti basti ricordare il Compianto su Cristo morto e la Disputa di Gesù nel tempio, di cui sono note più di cinque redazioni autografe. Il tema del Cristo e l'adultera non ebbe altrettanta fortuna all'interno del corpus del Mazzolino, ma almeno altre due versioni, oltre alla presente, spiccano all'interno del suo catalogo: quella della Galleria Borghese in Roma, di formato verticale (cm. 29x19,5), già presente nella collezione di Scipione Borghese, e quella, di misure assai maggiori (63,7 x 42) e generalmente ritenuta più tarda (ca. 1526), che si conserva presso la Galleria Palatina di Firenze e nel 1673 risulta già nelle collezioni del Cardinale Leopoldo de' Medici. Particolarmente stringenti appaiono le affinità soprattutto fra quest'ultima versione e l'opera che qui si presenta, pure ascrivibile alla produzione tarda del Mazzolino. La composizione, affollata e quasi compressa come in un fregio classico a bassorilievo, risulta infatti sostanzialmente analoga, sebbene priva delle due figure all'estremità sinistra e al centro in basso. I sei personaggi che si addensano sul primo piano della scena sono infatti disposti nella medesima sequenza e postura, con le figure, però, ricalibrate sul formato orizzontale e conseguentemente non più a figura intera ma schiacciate in primissimo piano secondo una ritmica serrata ed energicamente espressiva.