L'opera è accompagnata da expertise a cura del Prof. Luciano Anelli, 10 febbraio 2007, che di seguito riprendiamo.L'opera è autografa di Carlo Francesco Nuvolone, detto il Panfilo (Milano 1609-1662/63) il maggior esponente della celebre famiglia milanese di pittori che dettò legge in Lombardia - artisticamente parlando - in pieno Seicento, compresa la zona del bresciano, da cui la tela sembra provenire.Versato nella scena sacra ed in quella storica, non meno che nel ritratto di parata e nei santi di devozione privata, Carlo Francesco si distingue dai famigliari per la vivacità dell'invenzione (come qui, dove crea un rapporto diretto e drammatico tra il volto 'patiens' del Cristo e quello in deliquio della Madre) ma soprattutto per la morbidezza della pennellata e dello sfumato, che lo distingue dal fratello Giuseppe, peraltro spesso suo collaboratore.I panneggi e le specifiche qualità del rosso e il blu li troviamo sovente come sua marca caratteristica in opere quali quelle di Brera e del Museo di S. Ambrogio a Milano e in San Giovanni a Brescia.Qui, sullo sfondo di un paesaggio alludente al Calvario, la scena è drammaticamente compressa tra il corpo esausto ed inginocchiato del Cristo e le pie donne che soccorrono Maria. I due gruppi sono scanditi dalla diagonale del legno della Croce. (Entrambi i suggerimenti derivano dal magistero milanese del Morazzone).Mentre l'incombenza dei quattro o cinque sgherri che si affacciano a sinistra è propria del Panfilo che si propone di aumentare la tensione drammatica con i contrasti anche luministici delle teste, in questo pienamente compreso nell'atmosfera della scuola dei 'pestanti' milanesi perfettamente a loro agio nelle scene sacre di commovente pietà.La bellissima mano del Cristo (ma anche le altre non cedono per efficacia), con quel gesto quasi delicato, sottolinea la nobiltà della figura che contrasta con le altre.