coppia di oli su tela, cm 120x110 cad.
a)segnato, siglato e datato in basso a destra “La Clemenza/G.B.P [inxit]/1782
La coppia di allegorie, en pendant, rappresentano le due virtù più nobili e indispensabili per il ‘buon governo’ di un regno. In particolare la Fortezza è declinata iconograficamente non come semplice forza delle armi, ma, con la presenza della statuetta di Minerva – dea della sapienza, simbolo dell’ingegno e dell’intelligenza –, come forza che nasce dall’esercizio della saggezza. Tutto ciò suggerisce che i due dipinti potessero avere una destinazione reale. D’altra parte i rapporti di Bonito con la corte borbonica furono continui e intensi. Già nel 1741, quando giunse a Napoli la missione diplomatica mandata dal sultano turco alla corte di Carlo III, Bonito ricevette l’incarico di documentare l’avvenimento dipingendo il ritratto dell'ambasciatore turco e del suo seguito (oggi nel Palazzo Reale di Napoli) e l’anno seguente ricevette un incarico simile in occasione della visita dell’ ambasciatore di Tripoli, anch'esso ritratto, col suo seguito (Madrid, Museo del Prado): evidentemente l’artista doveva già essere tenuto in notevole considerazione dal re Borbone, tanto da affidargli, nel 1743, la decorazione dell'intero appartamento reale nel palazzo di Portici. Ad ulteriore dimostrazione della stima avuta nei suoi confronti, il 29 marzo 1751 Carlo III lo nominò pittore di camera di S. R. Maestà, carica che comportava un considerevole prestigio. Un prestigio che doveva travalicare i confini del Regno, se il 23 aprile del 1752 fu eletto membro dell'Accademia di S. Luca a Roma. Nel 1755 fu fondata a Napoli l'Accademia del disegno e Bonito ne fu nominato Direttore, con un soldo di duecento ducati annui, con l’ulteriore incarico di riconoscere e opinare sopra ogni sorta di pitture antiche. E quando nel 1758 fu iniziata la lavorazione della serie di arazzi per la reggia di Caserta, al pittore stabiese fu affidata la redazione di numerosi soggetti: tre di questi, sono conservati nel palazzo reale di Napoli: Don Chisciotte contro i mulini a vento, Don Chisciotte e la regina Micomicona e Don Chisciotte che beve per mezzodi una canna. Ma l'opera che coronò gli ultimi anni della sua attività di pittore di corte fu la grande tela dell’ Immacolata Concezione per l'altar maggiore della cappella palatina nel palazzo reale di Caserta, nella quale Bonito, che ha attraversato nella sua lunga vita artistica tutti i mutamenti culturali e di gusto del Settecento, dopo gli inizi barocchi nei modi di Solimena e dopo essere stato un grande protagonista del Rococò, nella piena maturità recupera stilemi classicisti alla Guido Reni: gli stessi che ritroviamo anticipati nella nostra coppia di allegorie.