Bibliografia di riferimento: G.P. Zanotti, Storia dell'Accademia Clementina, I, Bologna 1739, pp. 387-392. R. Roli, Pittura bolognese 1650-1800. Dal Cignani al Gandolfi, Bologna 1977, ad indicem. J. T. Spike, G.M. Crespi and the emergence of genre painting in Italy, Fort Worth 1986, ad indicem. G. Sestieri, La pittura del Settecento, Torino 1988, pp. 271 s., 278. La pittura in Italia. Il Settecento, II, Milano 1990, p. 727.La serie di quattro oli su tela, di scuola emiliana, sono ascrivibili a Giuseppe Gambarini, artista bolognese dalla biografia incerta, del quale sono documentati negli anni Dieci del Settecento soggiorni a Vienna ed a Roma per realizzare vedute prospettiche in collaborazione con pittori quadraturisti.A Roma entra in contatto diretto con i Bamboccianti, specializzati in pittura di genere dai toni aneddotici ed irriverenti, già esperita con la lezione di Giuseppe Maria Crespi: rientrato a Bologna, rivolge la sua produzione specializzandosi nel trattamento di «soggetti umili e bassi, e che trattino cose del vulgo, […] introducendo talora frati mendicanti, che ricevono carità di pane, di vino, e di ciò che loro abbisogni ed altre cotali persone» (Zanotti, 1739, pp. 389, 390).Tre delle quattro opere in esame hanno per soggetto monaci francescani, dal saio color marrone. tipico dell’artista bolognese il ripetere motivi, soggetti, soluzioni formali e sottili variazioni tematiche riprese in numerosi dipinti. Nel quadro “Monaci che leggono”, caratterizzato da una perspicace indagine naturalistica, compaiono pose dei monaci al riposo intenti a leggere dei carteggi già utilizzate nell’opera omonima conservata a Dresda (Staatliche Kunstsammlungen). nei due seguenti pendant a soggetto fratesco, “Monaci che accettano la questua” e “L’elemosina al monaco”, sono utilizzate lievi varianti rispettivamente delle opere “Monaci questuanti ai quali una giovane offre delle uova” (Parigi, Louvre e replicata presso Stoccarda, Staatsgalerie), nella presenza del cane e la posa dell’asinello, quindi nella figura del frate con la tonsura inneggiante il silenzio (“Scena di genere con frati”, Bologna, collezione privata) e nella “Scena di genere con elemosina ai frati” (nella specularità dei due personaggi, la giovane ostessa che offre un calice di vino e del frate che accetta l’elemosina).Nelle tele è evidente la riflessione tematica e stilistica sulla produzione del Crespi, seppur declinata con uno spirito lieve e disimpegnato e minore capacità espressiva.Il Concertino rustico, soggetto tra i prediletti della pittura di genere, presenta una variante della “Danza di contadini” (Stoccarda, Staatsgalerie) nella figura maschile di schiena in primo piano dalla torsione michelangiolesca, in abiti diversi, come della suonatrice di tamburello, mutuata dalla “Scena di genere” (Bologna, collezione privata).Seppur difficoltoso indicare un preciso riferimento cronologico, le quattro opere sono ragionevolmente databili alla tarda attività del pittore, nel secondo decennio del XVIII secolo.