Entro importante cornice ovale intagliata e dorata, d’epoca coeva.1859/60Provenienza: Collezione Privata. al verso presenta etichetta della Reale Accademia di Belle Arti di Napoli, n. 81 del catalogo della mostra di Domenico Morelli ivi tenutasi nel 1927.Letteratura specifica: n. 81 del catalogo della mostra di Domenico Morelli, Reale Accademia di Napoli, 1927. Entro un inusitato formato ovale, l’artista ritrae una giovane coppia elegantemente abbigliata, attorniata dai due figli, il più piccolo in braccio alla madre, il primogenito appoggiato sul suo fianco, la piccola mano stretta teneramente alla sua, nell’altra il gioco prediletto, il cerchio. La composizione si struttura ponendo al centro l’anima della famiglia, la splendida madre, che guarda fieramente appagata lo spettatore, circondata dai suoi bambini, il marito in posizione arretrata alla sua destra. ogni personaggio rivolge lo sguardo verso di noi, con una molteplicità di sentimenti che esaltano le gioie e le virtù familiari. Gli effigiati ritratti sono da identificarsi con Don Ferdinando Capace Minutolo, (Napoli, 1828- San Vito dei Normanni, 1896), Patrizio Napoletano, decorato nel 1852 con Regio Rescritto del Re delle Due Sicilia con il titolo di marchese di Bugnano, che aveva sposato nel 1851 a Napoli Donna Maria Dentice (Napoli, 1832- ivi, 1905), figlia del conte Don Luigi, sesto principe di Frasso e di Donna Anna Maria Serra dei duchi di Cassano, con i due bambini Vincenzo Alessandro (Napoli,1854, ivi 1921) e Francesco (nato nel 1858). La storia del costume permette una datazione piuttosto puntuale, con uno scarto di due/ tre anni rispetto le novità riportate dalle stampe e le riviste di moda specializzate edite a Parigi, capitale della moda e regina del gusto internazionale sin dal XVIII secolo. La giovane donna indossa un magnifico abito da giorno verde intenso, detto verde cromo, la cui vividezza è tipica dei nuovi colori all’anilina, novità assoluta a partire dalla Seconda metà dell’Ottocento, tra i prodotti emblematici della Seconda Rivoluzione industriale. la data quindi è da ascriversi intorno al 1859/60. Il quadro, esempio di “society portrait” o ritratto mondano, è in linea con i ritratti ufficiali di reali ed esponenti dell’aristocrazia internazionale d’epoca Secondo Impero di cui, tra gli altri, Franz-Xaver Winterhalter è stato eccellente interprete. L'opera è un mirabile esempio della serie di ritratti realizzati da Domenico Morelli tra gli anni 1850 e 1860 dell'Ottocento, in cui l'immediatezza esecutiva, il colore rutilante della materia si fonde ad una lucida penetrazione psicologica. Negli anni Sessanta dell’Ottocento Morelli diviene difatti uno dei pittori italiani più noti, apprezzato negli ambienti artistico-intellettuali per le eccezionali qualità di colorista, degnissimo erede della più alta tradizione napoletana, per gli effetti drammatici dai toni sentitamente teatrali ed al contempo per la fine e commossa indagine psicologica dei soggetti ritratti che riesce ad infondere nella sua arte. Domenico Morelli, nato a Napoli nel 1826, è stato un pittore che ha dominato la scena artistica in primis napoletana ed italiana, riscuotendo un notevole successo anche in ambito internazionale a partire dalla seconda metà del XIX secolo. I quadri di prima produzione giovanile, di soggetto storico, sono perfetti exempla degli ideale romantici, coniugati con gli influssi neo-medievali d’ascendenza nazarena. in seguito, la sua feconda produzione si declina su soggetti letterari, religiosi, simbolici, orientalisti. Nel 1855 viaggia attraverso l’Europa compiendo una sorta di Grand Tour all’inverso, visitando la Germania, i Paesi Bassi, il Belgio, l’Inghilterra e la Francia. Ivi partecipa, con Francesco Saverio Altamura e Serafino De Tivoli, all'Esposizione Universale di Parigi, entrando in contatto con svariati artisti di respiro internazionale quali Meissonnier, Gérôme, Delacroix, Fortuny i Carbò. La riflessione sulla produzione dell’artista catalano, caratterizzata dalla riconoscibile pennellata frantumata ed al contempo vivida a livello cromatico, diviene il catalizzatore per il suo passaggio da una pittura compiutamente formale in senso accademico ad una pittura di ''macchia''. In virtù del continuo scambio con i Macchiaioli e grazie alla solida amicizia con i fratelli Filippo e Giuseppe Palizzi, inizia a sintetizzare uno stile prettamente personale che unisce armoniosamente il verismo con le istanze del romanticismo tardo ed i modelli neoseicenteschi, denominato “realismo visionario”. Nel 1868 Domenico Morelli ottiene quindi la cattedra d'insegnamento all'Accademia di belle Arti di Napoli, per divenire Direttore dal 1899 sino alla sua morte, educando tutta una generazione di pittori, tra i quali Francesco Paolo Michetti, dedicandosi all’esplorazione di tematiche religiose e finanche soprannaturali, in linea con la sensibilità verso i vari aspetti del misticismo caratterizzante la seconda metà dell’Ottocento.