Ceramica invetriata, h. cm 85, I cm 45, base 33x33. Firmato sulla base DREI.
La scultura reca sulla base la firma del faentino Ercole Drei. È stata identificata come ritratto di Titì con la conchiglia sulla base del confronto con l'omonimo gesso scolpito da Drei nel 1923 (cm 95x38x36) e pubblicato da Franco Bertoni nel catalogo della mostra romana del 1988. All'epoca il gesso, raffigurante Titì, figlio di Drei, si conservava nella collezione romana di Isabella Drei. Il bronzo di Titì con la conchiglia è stato presentato alla Biennale di Venezia del 1923. L'opera, dell'inizio degli anni '20, appartiene al periodo più intenso e prolifico dell'artista, dopo il suo trasferimento a villa Strohl Fern a Firenze. Sono anni scanditi dall'assidua partecipazione alle principali esposizioni pubbliche e da importanti commissioni per monumenti ufficiali. Scultore campione del romanismo monumentale (Bertoni 1988, p. 83), il Drei migliore si rivela tuttavia quello delle opere più intime e genuine, soffuse di spirito classico-ellenistico e neo canoviano, riletto in chiave personale e moderna, come nelle scultura che qui si presenta. Soggetto caro all'iconografia e al gusto degli artisti raccolti a Faenza all'inizio del '900 intorno a Domenico Baccarini, la figura di Titì mostra spigliatezza, naturalezza e dolcezza, ma soprattutto l'inconfondibile vitalità dell'universo infantile. Si tratta di una coppia di opere rare, probabilmente uniche nella produzione dello scultore faentino, di notevoli dimensioni e difficoltà nella superba resa della ceramica invetriata.
L’ opera faceva parte dalla collezione della contessa Marianna Prampolini Tirelli.
13 marzo 2017
Alessandra Bigi Lotti