Opera accompagnata dalla scheda di Emilio Negro, 26 settembre 1999.Il dipinto, a olio su tavola, è assai ben conservato e raffigura una Baccante con cupido. Fin dall'antichità greca il culto di Bacco ( in greco Dioniso) attirava particolarmente le giovani donne. Le sue devote, chiamate menadi o baccanti, sono da allora raffigurate come fanciulle avvenenti e discinte, col capo coronato da foglie d'edera, la pianta sacra al dio pagano, mentre reggono in mano coppe di vino. Cupido ( Amor in latino ed Eros in greco), il dio dell'amore, è qui raffigurato nel momento in cui, con una freccia, sta per trafiggere il cuore della giovane baccante- questa è atteggiata in totale abbandono dei sensi. Per quanto riguarda i caratteri stilistici dell'opera, siamo in presenza di un dipinto decisamente gradevole, eseguito da un valente artista attivo tra il Sette e l'Ottocento, nei cui modi colti e raffinati si coniugano accenti lombardi, veneti e bolognesi. Una cultura poliedrica in cui non mancano significativi caratteri derivati dalle opere di Felice Giani e Giuseppe Bernardino Bison, che si evidenziano soprattutto nelle forme elegantemente allungate delle figure e nelle brillanti tonalità dei colori smaltati. Dunque, per tali ragioni, è possibile restituire questa tavola a Filippo Comerio che fu uno degli esponenti di maggior spicco del neoclassicismo italiano. L'artista lombardo fu attivo nelle Romagne e nell'Italia nord-occidentale, dove realizzò complessi cicli decorativi di notevole originalità. Per avere conferma di questa proposta attributiva basterà confrontare l'opera in esame con altre pitture dell'artista lombardo, come ad esempio, Psiche incoronata da Amore, o meglio ancora con l'Allegoria dell'inverno, dove la figura muliebre in basso a sinistra è ripresa specularmente nella nostra baccante ebbra. Nè va taciuto che in questi dipinti, al pari del nostro, affiora un dipingere sapido e veloce, adatto a descrivere figure femminee affusolate e seducenti, tipico delle opere del Comerio.