PIATTO DA POMPA, DERUTA O VITERBO (?), 1560
in maiolica dipinta in policromia su smalto stannifero con blu, azzurro, verde rame, blu di cobalto, giallo antimonio; alt. cm 9, diam. cm 37,5, diam. piede cm 13
A LARGE DISH, DERUTA OR VITERBO (?), 1560
L’esemplare ha un cavetto profondo e largo con tesa ampia che termina in un orlo rifinito a stecca appena rilevato, e poggia su un piede ad anello anch’esso appena rilevato e forato in origine, prima della cottura avvenuta con tecnica mista in due tempi: prima a gran fuoco con blu a due toni, poi in riduzione per l’ottenimento del lustro; retro con invetriatura color bistro che ricopre l’intera superficie.
La forma, comunemente destinata ad accogliere i ritratti, è qui utilizzata per una scena istoriata interpretata con un originalissimo stile pittorico. Al centro del cavetto due personaggi delineati rapidamente con tocchi di blu e dipinti in grigio diluito sono intenti in una lotta, entro un paesaggio chiuso all’orizzonte da una città turrita, posta dietro una serie di avvallamenti dal profilo arrotondato dal quale emerge un fiore multipetalo colorato. Il paesaggio è realizzato con larghe pennellate orizzontali e una tavolozza limitata al blu, giallo e verde, mentre nella tesa compaiono tocchi di rosso ferraccia evanescenti, quasi a testimoniare una cottura non del tutto riuscita, con un ornato a formelle con decoro a embricazioni alternate a un fiore dalla corolla allargata e a una foglia lanceolata, separate da larghe fasce blu e bianche, tipico delle produzioni derutesi attorno alla metà del secolo XVI.
La scena rappresenta la lotta tra Ercole e Anteo, variamente raffigurata nella maiolica antica, che trova una delle sue migliori interpretazioni in un piatto derutese a lustro con modalità stilistiche invero ben diverse, di recente pubblicazione (T. Wilson, The Golden Age of Italian Maiolica Painting. Catalogue of a Private collection, Torino 2018, pp. 88-91 n. 33), che ci fornisce un repertorio significativo dell’ispirazione più elevata del piatto in esame. Il nostro piatto trae spunto probabilmente da una delle incisioni presenti in bottega, e a tal proposito la posizione delle braccia di Anteo nel nostro piatto sembra far riferimento all’ottava incisione con Ercole e Anteo ed Ercole che uccide il drago della serie Le gesta di Ercole, eseguita nel 1550 da Heinrich Aldegrever.
L’eventuale attribuzione a bottega viterbese della seconda metà del XVI secolo si basa sull’affinità stilistica nei decori minori, le foglie del fioretto di sfondo e alcune scelte tecniche, che fanno pensare ad una somiglianza con il piatto pubblicato come viterbese della collezione del Banco di Sicilia, alla cui scheda rimandiamo per confronto. Del resto la presenza a Viterbo di artigiani confluiti da più botteghe dei dintorni a seguito della peste si registra già alla metà del secolo precedente (R. Luzi, L. Pesante, in R. Ausenda (a cura di), Le collezioni della fondazione Banco di Sicilia. Le maioliche, Milano 2010, pp. 178-179 n. 64).