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Opere di eccezionale interesse storico-artistico

GRANDE TAVOLO DA CENTRO, TOSCANA, FINE SECOLO XVI  - Asta Opere di eccezionale interesse storico-artistico - Associazione Nazionale - Case d'Asta italiane
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GRANDE TAVOLO DA CENTRO, TOSCANA, FINE SECOLO XVI

 GRANDE TAVOLO DA CENTRO, TOSCANA, FINE SECOLO XVI
in legno di noce scolpito e intagliato, cm 82x438x123

Il piano, rettangolare, ha un ciglio a becco di civetta poggiante su una modanatura a unghiature. Lo sostengono tre trapezofori, scolpiti ed intagliati in alto da un motivo simmetrico di voluta ospitante una testina femminile e un festone sottostante, che continua sinuoso verso il basso terminando in un piede ferino rifinito da una foglia d’acanto. Ogni trapezoforo è incentrato da un grande stemma, contornato da volute, festoni e maschere grottesche ed è raccordato agli altri mediante una traversa sagomata a volute e conchiglie e incentrata da quattro stemmi nobiliari.
Per individuare correttamente l’area di esecuzione di questo splendido tavolo da parata, bisogna in primo luogo identificare gli stemmi che lo decorano e soprattutto il blasone ricorrente in tutti gli stemmi, che è con ogni evidenza quello della famiglia committente. Esso è stato riconosciuto come quello della famiglia Pannilini di Siena. Per quanto riguarda gli altri blasoni, partiti alla sinistra di quello dei Pannolini, si notano lo stemma dei Fulvii, dei Petrucci, dei Marchesi del Monte S. Maria detti Bourbon del Monte. Il capo degli stemmi, caricato in tre casi di una croce biforcata ad otto punte, indica che il possessore dello stemma è dignitario dell’Ordine Militare di S. Stefano di Toscana.
Tutte queste famiglie sono senesi, o di località non lontane da Siena. I Pannolini (1), committenti del tavolo, erano originari del castello di Cima in Maremma, ma i loro possedimenti si estendevano fino alla Val di Chiana. Dalla fine del Medioevo si erano stabiliti a Siena commerciando in panni di lino, da cui il nome, finché nel Quattrocento divennero una delle famiglie più potenti e famose della città. Furono Capitani del Popolo e Gonfalonieri del Comune, alcuni di loro percorsero con fortuna la carriera ecclesiastica. Emilio di Marcantonio Pannilini (m. 1601) nel 1590 divenne Priore ereditario dell’Ordine Militare di S. Stefano a Siena. Questo Ordine era stato creato nel 1562 da Cosimo I, Granduca di Toscana, e il suo archivio si trova ancora nell’Archivio di Stato di Pisa. È probabile che il tavolo in questione sia stato realizzato proprio per celebrare l’onore reso a Emilio Pannilini e le quattro altre famiglie ricordate negli stemmi potrebbero riferirsi a personaggi che affiancarono Emilio nell’incarico.
Lo stemma dei Fulvii è stato reperito in una miniatura di Bernardo Rantwick del Libro VIII dei Leoni (2), illustrata fra il 1582 e il 1595 e quindi negli stessi anni in cui nasceva il nostro tavolo. Esso si riferisce a Enea Savino Fulvii e reca in capo la stessa croce dell’Ordine di S. Stefano; è pertanto ipotizzabile che sia stato proprio questo personaggio il proprietario del blasone con tre monti e la stella del nostro tavolo.
Per quanto riguarda la famiglia Petrucci (3), dette i natali a uno dei cittadini più illustri di Siena, quel Pandolfo Petrucci detto Il Magnifico, Signore di Siena nel 1499 e morto nel 1512. Alla c. 2 dello stesso Libro VIII dei Leoni è illustrato lo stemma di un altro Pandolfo Petrucci, probabilmente nipote del Magnifico. È curioso che, mentre lo stemma sulla miniatura riporta in capo la croce dell’Ordine di S. Stefano, lo stemma sul nostro tavolo ne è privo.
I Marchesi del Monte di S. Maria, detti Bourbon del Monte (4), appartengono alla nobiltà umbra e toscana. Un loro ramo si stabilì a Firenze.

Alvar Gonzàles-Palacios pubblicava il mobile nel 1984 (5), rilevando come manufatti di questo tipo siano “abbastanza rari, addirittura rarissimi quelli, come il nostro, poggianti su tre elementi”.
L’evidente riferimento a prototipi marmorei dell’antica Roma trova la sua espressione più nota nel monumentale tavolo proveniente da Palazzo Farnese, oggi al Metropolitan Museum di New York (vedi fig. 1). Quest’ultimo, realizzato in marmo e riferito credibilmente alla progettazione di Jacopo Vignola, non presenta tra i sostegni le traverse di collegamento che caratterizzano il nostro mobile, senza dubbio eccezionale anche nelle dimensioni, addirittura superiori a quelle del Tavolo Farnese.
Anche il tavolo di collezione Cini conservato nel castello di Monselice (Padova) - osserva Gonzàles-Palacios - è “sostenuto da tre trapezofori, ma senza traverse, e con un ornato scultoreo meno grandioso”.
La concezione decorativa dei sostegni (armi araldiche affiancate da robuste volute, rette da zampe leonine e terminanti in testine muliebri) è la medesima adottata nel cinquecentesco tavolo Farnese; e tornerà in un manufatto più recente, in legno intagliato e dorato, databile agli inizi dei Seicento, della Wallace Collection di Londra.
Per il nostro manufatto Gonzàles-Palacios ipotizzava un’origine romana, sottolineandone in particolare la dipendenza stilistica dei camini pubblicati da Jacopo Vignola nella sua “Regola della Cinque Ordini”. Un’origine che, scriveva, “potrà essere ulteriormente accertata quando saranno decifrati gli stemmi che lo decorano”: e tale accertamento è oggi possibile.
Nel 1601 Emilio II Pannilini, ultimo maschio del suo ramo, sposava Gentilina Bourbon del Monte di Santa Maria. Emilio II era figlio di Enrico I, priore dell’Ordine di S. Stefano a Siena nel 1591.
Per il nostro tavolo una datazione al 1601 è assolutamente credibile, anche sotto il profilo stilistico, mentre risulta evidente la sua originaria destinazione ad una dimora Pannilini, forse lo stesso palazzo senese (Pannilini Zuccantini) situato nel Casato di Sopra, una delle vie che si aprono su Piazza del Campo: costruito nel 1550 su disegno di Bartolomeo Neroni detto il Riccio ed oggi adibito ad abitazioni private.
A questo dato di fatto non si oppongono similarità stilistiche riscontrate con altri tavoli toscani: si vedano ad esempio un tavolo del Victoria and Albert Museum di Londra (6) e due altri di Palazzo Davanzati a Firenze (7).
Altri tavoli nello stile di quello esaminato sono pubblicati dal Tinti (8) (vedi fig. 2). Assai comune nella mobilia fiorentina fra la metà del Cinquecento e l’inizio del Seicento risulta il piede a zampa ferina, naturalisticamente modellato. Frequente è pure l’apposizione dello stemma di famiglia al centro del sostegno, sagomato a volute e orecchioni e profilato da foglie d’acanto ascendenti. Ciò che pone il presente tavolo a un livello qualitativo notevole, anche in riferimento ai mobili citati, sono l’importanza e la bellezza dell’intaglio.
Soprattutto appare comune in questi esempi un gusto tutto manierista e toscano per una ripresa dell’elemento archeologizzante (il festone, la zampa di leone, lo stesso concetto di trapezoforo) rielaborato in chiave di una sorta di ipertrofico naturalistico al limite del grottesco, che è affatto sconosciuto a Roma - anche il Tavolo Farnese ne è privo - dove l’antico è sempre considerato con una qualche reverenza e riletto in una luce di accorta filologia antiquaria.
L’arte dell’intaglio ligneo a Siena aveva conosciuto un periodo assai fortunato nel sedicesimo secolo. Fra le opere più importanti si ricordano le due cantorie del Duomo, quella di destra di Antonio Barili (1511), quella a sinistra disegnata nel 1550 da Bartolomeo Neroni detto il Riccio (1500-1571/3). Al Riccio si deve anche il disegno del seggio vescovile (1567, eseguito però ai primi del ‘900), del leggio dietro l’altare e della residenza (9), opere queste ultime eseguite sotto la sua direzione. Proprio dall’opera di Riccio l’artefice del nostro tavolo parte, ricercando un medesimo effetto di grandiosa severità, raggiungendolo non più con una accentuazione degli elementi architettonici, bensì sottolineando e dilatando quanto di decorazione scultorea era presente nell’opera dei Neroni: festoni rigonfi, testine, cartigli.

Bibliografia
A. Gonzàlez-Palacios, Il Tempio del Gusto, I, Milano 1984, 1 pp. 85-87; 2 figg. 173-174

Bibliografia di confronto
M. Tinti, Il mobilio fiorentino, Milano s.d. ma 1928, tavv. CXXI, CXXVI, CXXXI, CXL, CXLI, CXLVIII;
M. Trionfi Honorati, in Catalogo della mostra Palazzo Vecchio: Committenza e collezionismo medicei, Firenze 1980, n. 395;
C. Colombo, L'arte del legno e del mobile in Italia, Busto Arsizio 1981, n. 245;
A. Gonzàlez-Palacios, Il Tempio del Gusto, I, Milano 1984, 2 fig. 175;
H. Hayward, Storia del mobile, ed. cons. Reggio Emilia 1992, n. 97

1) G.B. di Crollalanza, Dizionario storico-blasolico, I, Pisa 1886, p. 272; V. Spreti, Enciclopedia storico-nobiliare italiana…, V, Milano 1932, pp. 107 e sgg.; Elenco storico della nobiltà italiana…, Sovrano Militare ordine Gerosilimitano di Malta 1960, p. 381.
2) c. 3, Siena, Archivio di Stato; illustrato in Catalogo della mostra L’arte a Siena sotto i Medici, Siena 1980, p. 200.
3) Spreti, cit., s.v. Petrucci.
4) P. Litta, Famiglie celebri italiane - Bourbon del Monte, VIII, 1842-1843.
5) A. Gonzàlez-Palacios, Il Tempio del Gusto, I, Milano 1984, 1 pp. 85-86; 2 figg. 173-174.
6) Illustrato in C. Colombo, L'arte del legno e del mobile in Italia, Busto Arsizio 1981, n. 245.
7) M. Trionfi Honorati, in Catalogo della mostra Palazzo Vecchio: Committenza e collezionismo medicei, Firenze 1980, n. 395; H. Hayward, Storia del mobile, ed. cons. Reggio Emilia 1992, n. 97.
8) M. Tinti, Il mobilio fiorentino, Milano s.d. ma 1928, tavv. CXXI, CXXVI, CXXXI, CXL, CXLI, CXLVIII.
9) Illustrata in Colombo, cit., n. 240.

Opera dichiarata di interesse culturale dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo in data 7 luglio 2016.

The italian Soprintendenza considers this lot to be a work of national importance and requires it to remain in Italy; it cannot therefore be exported from Italy





Opere di eccezionale interesse storico-artistico
mer 31 OTTOBRE 2018
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