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Giovanni Domenico Ferretti
(Firenze, 1692-1768)
CARICATURE (SCENE GIOCOSE)
tre dipinti ad olio su tavola parchettata, diam. cm 87
(3)
Provenienza
Collezione Amari
Collezione marchese Gian Francesco Giaquili Ferrini
Collezione privata
Bibliografia
M. Gregori, Nuovi accertamenti in Toscana sulla pittura caricata e giocosa, in Arte antica e moderna, 13-16, 1961, pp. 400-416, p. 412, figg. 198b e 199 a-b; uno illustrato a colori alla tav. X;
M. Gregori, 70 pitture e sculture del 600 e 700 fiorentino, catalogo della mostra, (Firenze Palazzo Strozzi, ottobre 1965), Firenze, 1965, p. 63, nn. 50, 51, 52, tutti riprodotti;
E. A. Maser, Gian Domenico Ferretti, Firenze, 1968, p. 81, n. 96-98, pp. 179-180, figg. 79, 80, 82;
F. Baldassari, Giovanni Domenico Ferretti, Milano, 2002, pp. 240-241, DIP. COM. 2-4.
S. Bellesi, Catalogo dei Pittori Fiorentini del 600 e 700, Firenze 2009, I, p. 139 (non riprodotti).
Le “macchiette” qui offerte furono rese note da Mina Gregori nella storica indagine che già nel 1961 disegnava la storia della pittura caricata e giocosa in Toscana, rintracciandone le ascendenze nella produzione grafica di Callot, nelle scenette umoristiche di Baccio del Bianco e di Giovanni da San Giovanni, nel gusto per i “caramogi” e per la voluta deformazione della figura umana che attraversa un po’ tutto il secolo, quasi la faccia in ombra della pittura accademica. Un gusto che poco prima della metà del Settecento approda alle “spiritose invenzioni” di Giovan Domenico Ferretti, autore delle sedici scene in maschera dedicate al personaggio di Arlecchino, documentate nel 1751 nel palazzo di Orazio Sansedoni a Siena, a cui la critica moderna ne ha aggiunte altre ancora.
Unici restano invece i nostri tre tondi, di cui si ignora la committenza, datati dalla Gregori intorno al 1735-45, e dunque non lontani dalla formazione bolognese dell’artista che affiora nelle forme tondeggianti, nella saturazione del colore e nella libertà di tocco memore degli esempi di Giuseppe Crespi.