Olio su tela, cm. 35x50,5 ognuno
Valsesiano di nascita, il Pianca, fino agli anni Sessanta poco studiato dalla critica, lavorò più fuori che in patria: a Milano, a Novara dove lasciò il suo capolavoro nella chiesa di Sant'Eufemia, ancora in Lombardia e Liguria. A Milano nel 1720, quindi poco più che diciassettenne, compì la sua prima opera autonoma, oggi perduta, nella chiesa dei Santi Bernardo e Biagio. Rimasto estraneo alla nuova pittura delbarocchetto in chiaro diffusasi allora, il Pianca oltre che valente ritrattista e pittore di storie sacre, fu un eccellente paesaggista, dai forti contrasti chiaroscurali, con un'attenzione rivolta via via a Sebastiano Ricci, al Solimena per le figure e al Mignard.La critica lo ha definito nel paesaggio come un esponente di quel modopittoresco che in certo senso converge poi con la pittura di Francesco Guardi, di lui più giovane.Questi due paesaggi, tipici esempi di una visione preromantica della natura che si associa al concetto delpittoresco, sembrano molto vicini a quello sullo sfondo con la tela di un Martirio di un Santo, Novara, Sant'Eufemia - stessa pennellatamossa nelle capanne - e mostrano un impianto paesistico analogo ai paesaggi del Battesimo di Cristo e della Fuga in Egitto del Museo di Varallo.
Bibliografia di riferimento
Mostra di Giuseppe Antonio Pianca, VIII Estate Valsesiana, a cura di Marco Rosci, Varallo Sesia, Palazzo dei Musei, 8 luglio - 26 settembre 1962, tavv. 30, 33, 34.