Antonio Cavallucci
(Sermoneta, 1752 - Roma, 1795)
SOCRATE SI CONGEDA DAI DISCEPOLI
olio su tela, cm 89x134,5
Il dipinto sarà pubblicato da Alessandro Agresti sulla rivista Studi di Storia dell'Arte
Attribuito al Cavallucci da Massimo Vezzosi, attribuzione confermata oralmente da Alessandro Agresti, cui si devono gli studi più recenti sul pittore romano riscoperto negli anni Settanta del Novecento grazie a Steffi Roettgen, il dipinto qui offerto – non ricordato dalle fonti biografiche sull’artista – resta in qualche modo isolato nella sua produzione prevalentemente volta, sebbene non in modo esclusivo, a soggetti sacri e di pubblica destinazione. È proprio in questo senso che, dopo gli avvii nel palazzo del suo protettore, il duca Francesco Caetani, grazie all’appoggio di Monsignor Francesco degli Albizzi, Economo della Fabbrica di San Pietro dal 1778, Antonio Cavallucci riceve le prime importanti commissioni pubbliche nell’ambito del programma di rinnovamento della “Roma cristiana” voluto da Pio VI Braschi, di cui diventerà uno degli interpreti più accreditati.
È appunto con il ciclo di quattro storie petrine eseguite prima del 1784 per la sacrestia della basilica vaticana che il nostro dipinto mostra i più forti legami stilistici, pur nello svolgimento di un tema radicalmente estraneo a quella temperie spirituale. L’accostamento è suggerito dalla presenza di modelli comuni alle figure degli Apostoli nelle tele vaticane e agli anziani discepoli del filosofo greco nella tela qui offerta (dove il protagonista sembra invece citare una scultura classica), ai quali si aggiunge un giovane e inedito Alcibiade. Anche i colori smaltati dei panneggi, dai colori discordanti ma unificati dal lieve chiaroscuro, rimandano alle opere pubbliche dipinte dal Cavallucci nella seconda metà degli anni Ottanta, quali il Sogno di Giuseppe in S. Andrea a Subiaco del 1788.