Taddeo di Bartolo
(Siena, 1362 circa –1422)
SAN PIETRO MARTIRE
AMBROGIO SANSEDONI
SANTO VESCOVO
SAN LUCA
SAN MATTEO
SANTO VESCOVO
SANTO STEFANO
SAN TOMMASO D'AQUINO
otto dipinti da un polittico a tempera su tavola a fondo oro, misura approssimativa di ogni pannello cm 47x22
(8)
Opera dichiarata di interesse culturale particolarmente importante dal Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici di Firenze ai sensi del D.M. del 17 dicembre 1982
Provenienza
Gubbio, Chiesa di San Domenico
R.I. Nevi, rettore della chiesa americana di San Paolo a Roma, (vendita Galleria Sangiorgi, 22-27 aprile 1907, lotto 336)
Firenze, Collezione Conte Uberto Serristori
Sotheby’s, Asta Serristori, Firenze, maggio 1977, n. 46
Esposizioni
Mostra dei Tesori Segreti delle Case Fiorentine, Firenze 1960, n. 10, tav. 9
Bibliografia
E. Romagnoli, Biografia cronologica de’Bellartisti senesi, ms., 13 voll., Siena, 1835 circa, (Firenze 1976-78), vol. III, p. 498
F. Mason Perkins, Ancora dei dipinti sconosciuti della scuola senese, “Rassegna d’Arte senese”, IV, 1908, p. 8
F. Mason Perkins, Pitture senesi poco conosciute, “La Diana. Rassegna d'Arte e Vita Senese”, Anno VI, 1931, Fs. I, pp. 22-23, tav. II
R. Van Marle, Le scuole della pittura italiana, traduzione di Alba Buitoni, 1938, vol. II, p. 622, n. I
F. Mason Perkins, Pittori senesi, 1934, pp. 55-56, tav. 57
B. Berenson, Italian Pictures of the Reinassance, Centrale and North Italian Schools, 1968, vol. I, p. 419
Sotheby Parke Bernet Italia, Palazzo Serristori. Vendita comprendente importanti dipinti antichi….. 9-16 maggio 1977, p. 39, n. 46;
G.E. Solberg, Taddeo di Bartolo: his life and work, New York University, 1991, fig. 251
G.E. Solberg, Taddeo di Bartolo a polyptych to reconstruct, Memphis, Brooks Museum bulletin : Essays on the collection, pubblicato in occasione della mostra A Renaissance reunion: Reconstructing a Kress Italian altarpiece, Memphis Brooks Museum of Art, Memphis, Tenn., 1994
Taddeo di Bartolo è stato un importante artista senese attivo in Italia centrosettentrionale dalla seconda metà del XIV al primo ventennio del XV secolo. Giorgio Vasari (Le Vite, II, 1967, p. 309) ipotizzava che fosse figlio del pittore Bartolo di Fredi, e quindi fratello del pittore Andrea di Bartolo, mentre invece era figlio del barbiere Bartolo di Mino.Nel 1389 è iscritto nella matricola dei pittori senesi e proprio a quell'anno risale la sua prima opera sicura: la Madonna col Bambino e Santi per la cappella di San Paolo a Collegalli, presso Montaione che si ascrive pienamente ad uno stile tardo gotico.Nel 1393 è a Genova, dove Cattaneo Spinola gli commissiona due dipinti per la chiesa di San Luca.Tra il 1395 e il 1397 fu a Pisa dove realizzò un polittico per la chiesa di San Francesco e una Madonna con Bambino in trono e Santi per la chiesa di San Paolo all'Orto. A quegli anni risale anche un ciclo di affreschi con Storie del transito di Maria nella cappella Sardi Campigli della stessa chiesa francescana.A Siena nuovamente nel 1400 lavorò a un trittico per l'Oratorio di Santa Caterina della Notte e un Giudizio Universale, perduto, per il Duomo. L’anno successivo, nel 1401, Taddeo si cimentò nella sua opera più importante, il trittico per il Duomo di Montepulciano che mostra nel pannello centrale la monumentale figura della Madonna assunta attorniata da angeli, con i dodici apostoli intorno alla tomba vuota della Madonna. Sopra l'Assunta vediamo l'Incoronazione della Vergine. Le tre scene sono da leggersi dal basso verso l'alto, secondo la sequenza temporale, partenendo dalla Morte della Vergine, l’Assunzione e l’Incoronazione. Nei pannelli laterali sono presenti Santi e sante in adorazione della Vergine, mentre sui quattro pilastri che delimitano i pannelli vi sono dodici Dottori della chiesa. Nelle cuspidi laterali vediamo infine l'Angelo annunciante e la Madonna Annunziata mentre la predella raffigura Scene della vita di Gesù.La pala di Montepulciano rappresenta forse l'apice della produzione dell'artista dove sono più evidenti le sue radici artistiche senesi, con richiami a Simone Martini soprattutto nella dolcezza dei lineamenti delle figure femminili, che in questi anni si uniscono a un'attenzione per il dettaglio naturalistico che pone l'artista in linea con le tendenze del Gotico internazionale.Firmato e datato 1403 è il polittico per la chiesa di San Francesco al Prato a Perugia, poi smembrato e oggi in buona parte conservato alla Galleria Nazionale dell'Umbria: si trattava di un altare a doppia faccia con cinque tavole per ogni prospetto e due fiancate dipinte.A Siena Taddeo dipinse gli affreschi nel coro del Duomo (perduti), le Storie della vita della Vergine nella cappella del Palazzo Pubblico (1406-1408) e un ciclo di Uomini illustri nell'Anticappella (1413-1414). Artista assai prolifico, fu attivo anche a San Gimignano, dove nella controfacciata nella Collegiata e sulle pareti attigue dipinse un Giudizio Universale.I numerosi soggiorni fuori dai confini della città natale gli consentirono di conoscere situazioni culturali differenti dando la possibilità al suo stile, debitore della lezione di Simone Martini, di trasformarsi sulla base delle influenze di Barnaba da Modena, conosciuto a Pisa, dei maestri veneti Turone da Verona e Altichiero e del tardogotico umbro di Gentile da Fabriano. Da Barnaba da Modena Taddeo di Bartolo riprese l’uso del chiaroscuro più denso rispetto a quello della pittura senese o la rivisitazione di certi elementi arcaici come la lumeggiatura delle vesti alla maniera bizantina. Nel giro di pochi anni dalla sua prima opera, il polittico di Collegalli, vediamo come lo stile di Taddeo di Bartolo sia maturato incredibilmente passando da figure leggere, quasi senza peso, a personaggi assai più imponenti, di una plasticità tangibile e un convincente sviluppo spaziale.La più importante opera pittorica nel periodo tardo, databile intorno al 1418, è la Madonna con il Bambino del Fogg Art Museum di Cambridge (MA). Questa tavola, come spiegato dopo, doveva costituire la parte centrale del polittico per la Chiesa di San Domenico a Gubbio di cui si ritiene facessero parte anche i nostri otto santi a mezza figura qui presentati (vedi ipotesi ricostruttiva del polittico alla figura 1).Anche i pannelli Kress con santi a figura intera: San Giovanni Battista e San Giacomo Maggiore al Memphis Brooks Museum of Art e Santa Caterina e un Santo vescovo al New Orleans Museum of Art, secondo il parere della studiosa Gail Solberg, fanno parte del periodo della maturità dell’artista. Questo si può sostenere grazie ai confronti stilistici con opere più mature di Taddeo tra cui gli Uomini illustri dell’Anticappella del Palazzo Pubblico di Siena che hanno molti punti di contatto con i santi tra cui una innovativa tridimensionalità.Sempre secondo le ricerche di Gail Solberg i quattro santi Kress dovevano far parte di un complesso unitario, condividendo non solo misure, forme e armonia stilistica, ma anche lo stesso tipo di pavimento e di oro nello sfondo, le decorazioni dei drappi decorati con le medesime punzonature e la collocazione all’interno di una stessa tipologia di arco acuto. Questi fattori hanno indotto a presupporre con sicurezza che i quattro santi facessero parte dei pannelli laterali di un polittico con al centro l’immagine della Madonna con il Bambino del Fogg Art Museum.Il polittico in questione è quello proveniente dalla chiesa di San Domenico a Gubbio di cui ci parla nel 1835 Ettore Romagnoli all’interno della sua Biografia cronologica de’ Bellartisti senesi.Romagnoli descrive “una tavola col fondo d’oro, dipintovi la Vergine col S. Bambino in collo, e intorno una corona di piccoli angioli assai graziosi. Da piedi ha questa iscrizione: TA/DE/US/SEN/ISP/INX/IT.H/OC./OPUS/1418 (Romagnoli cit., p. 498).Ed è proprio quello che troviamo nella Madonna con il Bambino del Fogg Art Museum che presenta nella parte bassa del dipinto un “girotondo” di angeli che ruotano attorno alla figura di Maria muovendo un cartiglio, e ancora più sotto, l’iscrizione all’interno di formelle polilobate.Dal 1843 l’altare è stato purtroppo rimosso dalla chiesa di San Domenico e successivamente diviso tra vari collezionisti privati americani.Il polittico doveva presentarsi almeno per i quattro santi a figura intera e la Madonna con il Bambino conforme ai modelli tipici della bottega di Taddeo e in generale dei polittici senesi dell’epoca, in particolare la proporzione tra le figure doveva essere molto vicina a quella del grande altare di Taddeo di Bartolo conservato presso la Pinacoteca di Volterra (Fototeca Zeri, busta 0085; fasc. 2, scheda 6356).Trattandosi di un’opera realizzata per una chiesa domenicana, ciò che in base a questa ricostruzione mancherebbe sono figure di santi legati a questo ordine, patroni del luogo per cui il dipinto era stato realizzato.È a questo punto che entrano in scena i nostri otto dipinti raffiguranti evangelisti e santi (di cui tre domenicani), citati nel 1908 da Mason Perkins come “parti laterali di un grande polittico” quando parla della Madonna Fogg. Essi per stile, provenienza, proporzioni potrebbero trovare una giusta collocazione proprio nel polittico di San Domenico a Gubbio.Per le dimensioni dei pannelli (un’altezza di circa 47 cm) è improbabile che i santi fossero collocati nella predella o nelle lesene di raccordo, ma dovevano occupare piuttosto una posizione più elevata sopra il registro principale, quindi sopra la Madonna, il Bambino e i santi a figura intera. Mason Perkins ricorda che questi santi erano in collezione Serristori a Firenze nel 1908 ma che provenivano dalla Collezione Nevi-Caccialupi di Roma in cui erano citate altre opere provenienti da Gubbio rendendo possibile l’arrivo dalla stessa città dei nostri santi a mezza figura.Le figure di San Luca e San Matteo, che si identificano per via dei simboli riportati sul libro, il toro alato e l’angelo, dovevano probabilmente far parte di un gruppo di quattro con gli altri due Evangelisti Giovanni e Marco ed essere collocati in un registro superiore rispetto agli altri sei santi (i tre domenicani e i due vescovi) secondo un’impostazione simile a quella che si vede nell’altare Rinuccini a Santa Croce di Giovanni del Biondo (Fototeca Zeri, busta 0051, fasc. 1, scheda 2060).Grazie a questo confronto possiamo provare a suggerire una ipotetica ricostruzione, seppure incompleta, di quello che doveva essere l’altare di San Domenico (fig.1).In base a questa ricostruzione si chiarisce il motivo della notifica per le nostre tavolette da considerarsi l’ultimo esemplare rimasto in Italia di quello che doveva essere uno straordinario polittico i cui pannelli principali si trovano adesso in musei americani.Gli otto santi qui offerti, pur essendo frammenti di una composizione più grande, mostrano le caratteristiche proprie dell’evoluzione dello stile di Taddeo di Bartolo caratterizzato da una sapiente fluidità di linee, un’accentuata resa dei volumi grazie al chiaroscuro, una delicatezza nei lineamenti dei volti. Le linee sinuose dei mantelli dei due santi vescovi sono la controparte goticheggiante di figure più solide come il San Pietro martire, il San Tommaso d’Aquino e il Beato Ambrogio Sansedoni che mostrano una maggior plasticità e una resa volumetrica piena senza essere però mai pesanti.Infine Santo Stefano e i due Evangelisti Luca e Matteo, sono condotti con agilità di tratto nella descrizione dei dettagli delle vesti (soprattutto nelle bordature dorate) e confermano la padronanza dei mezzi tecnici di Taddeo che si esprimeva con grande maestria non solo nelle opere di grandi dimensioni, ma anche nei dettagli che andavano a comporre le sue elaborate macchine d’altare.