Domenico Cresti detto il Passignano e aiuti
(Tavarnelle Val di Pesa 1559 – Firenze 1638)
RESURREZIONE DI CRISTO
olio su tela, cm 105,5x85,5
firmato Opus Dominici Passignani MDC
Bibliografia di riferimento
M. Boschini, Le ricche minere della pittura veneziana, Venezia 1674
F. Baldinucci, Notizie dei Professori del Disegno da Cimabue in qua [6 voll, Firenze 1681-1728], ed. a cura di F. Ranalli, 5 voll, Firenze 1845-1847, ristampa anastatica a cura di P. Barocchi, Firenze 1974-1975, III, 1974, pp. 430-451
C. Ridolfi, Le meraviglie dell’Arte, Venezia 1646, 2 voll.
J. L. Nissman, Domenico Cresti (Il Passignano), 1559 - 1638: a Tuscan painter in Florence and Rome,
Phil. Diss., Columbia University, New York, [S.l.], 1979, con bibliografia
F. de Luca, S. Vasetti, La cappella Del Giglio in Santa Maria Maddalena dei Pazzi, in Altari e committenza. Episodi a Firenze nell’età della Controriforma, Firenze 1996, pp. 159-172
F. Berti, Domenico Cresti, il Passignano, fra la natione fiorentina e veneziana: viatico per il periodo giovanile con una inedita Sacra Famiglia, Firenze 2013, con bibliografia
F. de Luca, L’impresa del Passignano per accomodare e ridurre in bellezza e vaghezza la cappella maggiore, in Arte nella chiesa di San Michele Arcangelo (secc. XV - XIX), a cura di I. Moretti, Firenze 2014, pp. 173-188
Nonostante il piccolo formato, questa Resurrezione di Cristo del Passignano è improntata a un’ampia monumentalità, sostenuta dallo slancio della figura di Cristo che balza fuori dal sepolcro col vessillo crocesignato, simbolo della sua vittoria sulla morte. L’esplosione di luce, angeli e serafini che lo accompagna è potentemente evocativa di un “gran terremoto” riportato nel Vangelo di Matteo. In realtà i testi evangelici non descrivono il momento della resurrezione, ma riferiscono l’apparizione sovrannaturale, tra bagliori e scosse che atterrirono gli uomini di guardia, di un angelo vestito di bianco dall’aspetto “come folgore” che si sedette sulla pietra divelta dell’ingresso alla tomba, e che annunciò a Maria di Magdala, a Maria madre di Giacomo e a Salomè convenute al sepolcro per ungere il corpo del Signore con olii aromatici, la preannuciata resurrezione di Gesù (Mt 28, 1-7). Sullo sfondo dell’alba livida di un nuovo giorno, il Passignano descrive il colloquio fra l’angelo (che indica sia Cristo sia il sepolcro aperto) e le donne, secondo un’iconografia antica ripresa in età della Controriforma (si veda, per esempio, la Resurrezione di Santi di Tito in Santa Croce della prima metà degli anni Settanta del Cinquecento), mentre, in preda al terrore, un soldato fugge e un altro cade al suolo.
Infrequente nella produzione del Passignano, il tema della resurrezione è quello in cui nel 1598-1599 l’artista diede la sua prova migliore, ovvero la sua celebrata tela per la cappella della Madonna del Soccorso (di patronato dell’amico Giambologna) nella Santissima Annunziata di Firenze. Prova che lui stesso, secondo il racconto del biografo Filippo Baldinucci, avrebbe in seguito dichiarato di non poter credere che fosse di sua mano tanto mi pare che siano risolute l’attitudini, e nobile l’invenzione” (Baldinucci III, p. 439). Il dipinto dell’Annunziata è più grande e slanciato verticalmente (cm 350x200) di quello in esame, ma la composizione è molto simile. Le differenze si concentrano nella maggiore tornitura dei volumi, nel contorno angelico di Cristo che in quel dipinto è brulicante anche di putti; nella nitida descrizione dell’ingresso al sepolcro con tre gradini; nella visione frontale del soldato in piedi, e nell’ingombro, in basso, della catasta dei corpi delle guardie rimaste al suolo “come morte” per lo spavento. Si può capire per quale motivo quest’opera, copiata anche da Andrea Boscoli, godette di grande fama: sfolgorante di una ricca tavolozza (riemersa prepotentemente dopo il recentissimo restauro) che deriva dall’esperienza veneziana del pittore e del suo studio dell’arte di Federico Barocci, è un’armonica combinazione fra l’equilibrio classico della composizione e l’effetto barocco dell’apparizione di Cristo, fra la potenza del disegno anatomico e il patetismo dei gesti e delle espressioni.
L’invenzione trova uno stretto riferimento nella formazione veneziana del pittore, che soggiornò nella città lagunare dal 1582 al 1587 circa, e in particolare nella produzione estrema della bottega del Veronese, frequentata in quegli anni da valenti collaboratori fra cui Alvise del Friso e Antonio Vassillachi detto l’Aliense, la cui affinità con la maniera del Passignano è nota. In questa piccola tela, il tono bruciato della preparazione è preponderante, soprattutto nella parte dello sfondo, dove si intravede appena l’accesso al sepolcro.
La Resurrezione in esame, destinata a una committenza al momento sconosciuta, è firmata e datata 1600, e sembra una versione abbreviata di quella maggiore, con qualche modifica, concepita per uso domestico o per una cappellina privata. Alcuni elementi, come l’articolazione un po’ faticosa dell’attitudine della guardia in fuga, il fremito frivolo delle frange della sua lorica, una sfumatura ingenua nella disposizione delle gambe del militare sdraiato al suolo, il trattamento più sintetico delle anatomie con il rimpicciolimento delle estremità, fanno pensare a una collaborazione della bottega, che negli anni Novanta del secolo contava nomi illustri come Giovanni Nigetti, Nastagio Fontebuoni, Fabrizio Boschi, Nicodemo Ferrucci, Ottavio Vannini e il bolognese Alessandro Tiarini. Lo stesso atteggiamento enfatico, quasi danzante, sottolineato dallo svolazzamento della tunica, si riscontra nella figura del boia nella pala d’altare della cappella di Nereo Neri nel complesso di Santa Maria Maddalena de’Pazzi col Martirio dei Santi Nereo e Achilleo (post 1598) che secondo Baldinucci (III, p. 437; IV, p. 436) fu preparato da un giovanissimo Ottavio Vannini. Nel 1600 il Passignano era all’apice della carriera ed era sovraccarico di impegni anche fuori dalle mura della città (fra cui l’impresa decorativa della cappella maggiore nella chiesa della Badia a Passignano, dove impiegò Nicodemo Ferrucci; la Madonna della Misericordia e Santi oggi nella chiesa di san Giorgio a Livorno, il Battesimo di Santa Priscilla per Santa Prisca a Roma): è possibile che abbia affidato, sotto il suo stretto controllo, la preparazione della composizione a un aiuto, che avrebbe avuto a disposizione i disegni preparatori della pala dell’Annunziata (Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, nn. 9166F (studio della composizione) e 9099F (studio per il Cristo), Nissman 1979, p. 273, n. 35; Gabinetto Nazionale delle Stampe, Roma, n. 124223, L. Bencini, scheda OA, Catalogo Generale n. 00299058, 1988), portando poi personalmente il dipinto a compimento e firmandolo.